Di Muthanna Abdallah. Al-Quds al-Arabi (11/10/2016). Traduzione e sintesi di Laura Formigari.
Alla luce dell’imminente battaglia di Mosul, lo scontro tra Turchia e Iran si sta facendo sempre più acceso al punto che i due paesi hanno completamente sovrastato le voci del governo iracheno e di tutto il mondo arabo.
Tutti vogliono prendere parte alla battaglia di Mosul, non per amore dell’Iraq e neanche per la presenza di Daesh (ISIS), il cui controllo sulla città è, al contrario, un guadagno per molti a livello locale e internazionale. Il “commercio del terrore” è, infatti, molto vivace e nel nome della lotta a Daesh e di chi lo protegge, le aziende turche e iraniane hanno sviluppato un enorme mercato di servizi e tecnologie, che forniscono protezione speciale e consultazioni militari di sicurezza; un settore questo che ha un peso economico sempre più consistente. L’assunzione di molti mercenari e il loro inserimento nel mercato internazionale fruttano grandi ricchezze in Iraq, dove Daesh e le sue operazioni sono utilizzate da Turchia e Iran come strumento di controllo della società irachena, con il fine di orientarla a loro piacimento e di garantire il loro ruolo geopolitico nella regione.
Nonostante tutti siano a conoscenza della distruzione che ha portato l’Iran in otto anni di guerra e della sua annosa presenza militare accompagnata da azioni di soft power, gli sciiti iracheni si sono lasciati sedurre dal paese, che si è presentato come loro protettore e alleato contro Daesh. Così la Turchia che, ricordiamo, durante gli anni Ottanta ha tagliato l’acqua del fiume Eufrate, è riuscita ad attirare a sé la popolazione sunnita e a insediare, in tempi recenti, le sue truppe.
Siamo di fronte a una partita politica regionale e internazionale giocata sul suolo iracheno dove nessuna parte è migliore dell’altra. Nonostante molti siano in disaccordo con questa visione e valutino in modo diverso i ruoli e le politiche dei due paesi, io non vedo grandi differenze. Ad alcuni può sembrare che la Turchia sia meno aggressiva dell’Iran nell’interferire con gli affari iracheni, ma questa non è la prova che l’Iran sia politicamente più forte della Turchia. Le azioni della Turchia nella regione sono meno violente perché, nelle logiche settarie, essa è parte della confessione maggioritaria rispetto invece all’Iran che invece vede sé stesso come una minoranza e quindi deve spesso alzare la voce per farsi ascoltare.
Ciò che realmente dobbiamo temere è la costruzione di un progetto da parte dei due paesi per espropriare gli iracheni dell’identità araba. In questi giorni difficili, la maggior parte delle persone vede le proprie preoccupazioni personali più importanti di quelle collettive e quindi chi offre aiuto, in queste circostanze, sarà in grado di cambiare le idee del popolo iracheno saccheggiando la sua identità nazionale, il suo paese e la sua sovranità.
Muthanna Abdallah è un politologo iracheno.
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