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I tifosi egiziani nel nuovo scenario di proteste

ultras Ahlawy davanti governatorato di Giza, foto di Ahmed al-Malky
ultras Ahlawy davanti governatorato di Giza, foto di Ahmed al-Malky
ultras Ahlawy davanti governatorato di Giza, foto di Ahmed al-Malky

di James M. Dorsey (Daily News Egypt 21/08/2013). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

La rissa in cui, lo scorso anno, sono morti più di 70 tifosi egiziani di calcio, ha spinto molti cittadini contro l’esercito e le forze di sicurezza, accelerando il desiderio militare di passare il potere nelle mani di un governo eletto. Otto mesi dopo, nell’ambito della protesta egiziana di massa (Fratellanza Musulmana, altre fazioni e militanti), tifosi agguerriti si oppongono alla deposizione militare del presidente eletto Mohamed Morsi e alla conseguente repressione brutale della Fratellanza – entrambe sostenute da un significativo segmento della società.

La resistenza di molti tifosi e gruppi di giovani che hanno formato allora lo zoccolo duro della rivolta popolare contro Hosni Mubarak è tornata sulla scena più forte di prima. Questo anche perché molti egiziani percepiscono quella in atto come la restaurazione dei metodi repressivi dell’era Mubarak. L’impatto dei tifosi è stavolta maggiore per via della nausea che suscitano l’interruzione militare di un processo democratico e la brutalità delle forze di sicurezza. Risulta evidente anche in alcune forme di protesta pro-Morsi: i canti intonati saltando su e giù – tipico modo dei tifosi e degli ultras di fare il tifo per la propria squadra, e poi lo sventolare bandiere con un teschio e col simbolo delle ossa incrociate.

La stessa polarizzazione dell’Egitto e la crisi nel calcio egiziano portata alle estreme conseguenze l’anno scorso con la rissa mortale di Port Said non ha lasciato i tifosi incolumi. Mentre gli ultras come gruppi organizzati hanno evitato di buttarsi nella mischia, molti dei loro membri e leaders vi hanno preso parte, segno anche di diverse opinioni all’interno delle loro file.

Ironia della sorte: molti Cavalieri Bianchi Ultras – gruppo di tifosi della storica squadra del Cairo, Zamalek SC – tra i cui membri spiccava anche l’ex-presidente Gamal Abdel Nasser che esercitò una repressione brutale contro la Fratellanza – si sono uniti alle proteste pro-Morsi. Il gruppo dei Black Bloc, che l’hanno scorso hanno difeso chi manifestava contro Morsi sia dalle forze di sicurezza che dagli attacchi della Fratellanza, si crede stia dalla parte della polizia nel giro di vite contro la Fratellanza stessa.

I rivali storici dei Cavalieri Bianchi, gli Ahlawy – gruppo di tifosi della Al-Ahli SC che è storicamente la squadra nazionalista – questa settimana hanno rilasciato la prima nota anti-Fratellanza. La nota ha messo fine al silenzio del gruppo circa il governo da quando Morsi era in carica. Evitando di attaccare il governo, il gruppo sperava che sarebbero stati emessi duri verdetti nei confronti dei responsabili per le morti di Port Said, ma ciò è avvenuto solo in parte.

“Gli ultras sono diventati dei fascisti, sono collassati come l’Egitto,” ha detto un ex-leader degli ultras che ha lasciato il gruppo disgustato dalla deriva politica che questo ha intrapreso, “Non hanno valori né credono davvero in qualcosa”. In un modo piuttosto perverso, il dilemma degli ultras non è così dissimile da quello della Fratellanza. Quest’ultima non ha ancora deciso bene cosa intende essere, se un movimento sociale o politico. La decisione potrebbe rendersi più semplice se sopravviverà all’attuale repressione ed emergerà abbastanza forte da negoziare i termini di una soluzione politica alla crisi egiziana.

Gli ultras si sono rifiutati di riconoscere d’essere tanto tifosi quanto schierati politicamente. La loro battaglia per la libertà negli stadi e il loro ruolo prominente nel far cadere il regime di Mubarak, uniti all’opposizione verso il potere militare che gli ha fatto seguito e al governo di Morsi, li ha resi un’espressione politica per definizione. “Temo il ritorno dello Stato militare: non è per questo che ho combattuto negli stadi e a piazza Tahrir,” torna a dire l’ex-ultra, “Temo però anche la Fratellanza: si tratta di scegliere tra due mali. Ora come ora opterei per i soldati, ma una volta che sarà tutto finito anche questo potrebbe cambiare”.

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