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I tamburi cilindrici ed i timpani, secondo Curt Sachs (terza parte)

Eccoci di nuovo, insieme a Curt Sachs e al suo libro, Storia degli strumenti musicali, alla scoperta delle percussioni nel mondo arabo. In questo articolo ci occuperemo dei tamburi cilindrici e dei timpani.

Come il Tabl Baladi, scrive Sachs, i tamburi a cilindro sono poco profondi, dato che la loro altezza è minore del diametro. Le due pelli sono tenute in tensione, ad ogni estremità, da due cerchi di cui uno è interno, nascosto, e l’altro è esterno. Il cerchio interno è detto flesh-hoop, secondo la moderna dicitura americana, mentre quello esterno, o controcerchio, è di corda. Ambedue sono uniti da tiranti a forma di Y.

Il tamburo, per essere suonato, viene suonato appeso ad una spalla, in modo che le pelli siano orientate lateralmente. Il suonatore le percuote entrambi con dei battenti flessibili, o mazzuoli. Ci sono tuttavia delle varianti, come in Egitto, dove il suonatore percuote la pelle destra col mazzuolo e la sinistra con un fascio di cinghie. Riguardo i suoni prodotti, invece, come sempre la pelle viene percossa al centro per ottenere suoni gravi, i dum, e al bordo per avere suoni secchi e più acuti, i tak.

Altre informazioni sul Tabl Baladi qui e qui.

Riguardo i tamburi a cassa piatta, secondo Sachs essi ebbero origine in Turchia o in Arabia, non si sa quale dei due paesi sia stato il primo. Gli Arabi chiamano tabl turki un modello grande che viene generalmente issato sulla schiena di un asino e che si ritiene sia stato l’antenato della grancassa usata in Occidente. Dal già citato tabl baladi, ossia tamburo domestico, deriva invece il nostro tamburo militare e la cassa rullante.

I timpani sono vasi aperti di forma ovale o semisferica, con la membrana tesa sulla parte aperta. Anticamente venivano costruiti con terracotta, in seguito furono fatti di metallo.

Nell’enciclopedia dello Ikhwan al-Safa (altre informazioni qui e qui), del X secolo, si trova la prima testimonianza  di un timpano arabo.

Quello di cui si parla in tale opera è il qasa, nome che indicava anche la cassa convessa dell’oud, oltre al tabl al-markab (il naqqara, altre informazioni qui e qui) e al kus, che sono timpani più profondi.

Qui un articolo sugli strumenti etnici del blog di Alessandro Vanzini

Qui un articolo del blog Percussioni Antiche di Ermanno Vignali

Sachs cita H.G. Farmer, il quale ha affermato che il kus fosse un tamburo più antico, di probabile origine indiana, deducendolo dalla testimonianza secondo cui un Indiano suonasse tale timpano nelle spedizioni militari di Maometto. Sachs nota, però, che la fonte usata da Farmer non è araba bensì turca e posteriore di un millennio rispetto all’epoca di Maometto. Dopo tanto tempo, quindi, è molto probabile che il viaggiatore turco che scrisse il testo, abbia semplicemente dato al timpano un nome a lui conosciuto e coevo.

La più antica testimonianza nota di un timpano si trova su un rilievo a Taq-i Bustan, in Persia, risalente al 600 d.C.. Vi si può vedere un suonatore, in piedi, che percuote con un mazzuolo, o forse due, un timpano piccolo e poco profondo, che potrebbe corrispondere al tas citato dai Persiani di quel tempo, oltre che all’indiano settentrionale tasa.

Timpani più grandi appaiono nelle miniature mesopotamiche del XII secolo d.C. ; nella prima di tali miniature, si vede che il fondo dello strumento è piatto come un tamburo a vaso, piuttosto che essere arrotondato. Sachs ne deduce che i timpani di maggiori dimensioni derivassero dai tamburi a vaso degli uomini primitivi, raffigurati ad esempio nel tempio indio-giavanese di Borobudur (800 d.C.).

Nelle miniature persiani dei secoli successivi, i timpani conservano la stessa forma e solo più tardi il fondo del timpano viene arrotondato, forse per facilitarne il trasporto sul dorso dei cavalli o dei cammelli.

Tutte le miniature indicano l’uso contemporaneo di due strumenti  di diversa misura, poggiati sul terreno in modo da essere inclinati non verso chi li suona, come si fa attualmente, bensì verso l’esterno. Tale posizione degli strumenti risultava essere più comoda, per il suonatore, se stava in piedi.

Già anticamente si può notare la forma ad uncino dei mazzuoli per timpani. Al British Museum, in una miniatura del Salterio di Loutrell (inizio XIV secolo) è rappresentato un uomo che suona due timpani inclinati verso l’esterno percuotendoli, appunto, con mazzuoli ad uncino.

Col tempo i mazzuoli cambiano forma e nelle miniature orientali posteriori si vede che la punta è meno uncinata, a volte completamente diritta con terminazione a punta o a testina. Talvolta si raffigurano suonatori che percuotono i timpani con i pugni. Altro cambiamento che ci raccontano le immagini sta nella forma dei timpani che, da ovali, diventano sempre più semisferici, con il diametro della faccia molto grande. Parallelamente si usa sempre più spesso il metallo in luogo della terracotta con cui, come già detto, venivano costruiti originariamente.

Ancora oggi la forma ovale è associata alla terracotta, nei timpani indiani di origine persiana: khoradhak, damama, tikara, nagara, insieme al basso tamburo a scodella detto tasa o qasa’a.

In epoca moderna, scrive Sachs, abbiamo vari generi di timpani, tutti fatti di metallo e con corde di tensione:

  • Naqqarya: sono due grandi timpani poco profondi che vengono posizionati sul dorso del cammello. Il più grande, quindi quello con suoni più gravi, si trova alla destra del suonatore, mentre il più piccolo, con suoni acuti, sta alla sua sinistra. Entrambi vengono percossi con mazzuoli.
  • Naqrazan: due timpani più piccoli dei precedenti, che vengono posizionati e, quindi suonati, sul dorso di un asino. Sono poco profondi, semisferici, percossi con mazzuoli.
  • Naqqara: due piccole caldaie, percosse con mazzuoli.
  • Tabl sami: si tratta di un’unica caldaia molto bassa, portata dall’esecutore che la suona con due mazzuoli.
  • Tabl al-gawig o sawis: caldaia unica, bassa, posizionata sul dorso di un cavallo e suonata col mazzuolo.
  • Tabl migri: bassa caldaia percossa con cinghie di cuoio.

Il Naqqara (sia lo strumento che il suo nome arabo), a testimonianza del continuo flusso di genti, tradizioni, culture nel Mare Nostrum e dintorni, giunse in Europa soprattutto per via delle Crociate. Intorno al 1300 i Francesi usavano il termine nacaires, gli Italiani naccheroni e gli Inglesi nakers.

A presto!

Cinzia Merletti

 

 

 

 

 

 

 

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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