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I paesi delle rivoluzioni: regolare la libertà

Di Hazem Saghieh. Dar al-Hayat (15/09/2012). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Non è insensato che le prime reazioni al film osceno e indecente siano scoppiate nei paesi della “Primavera araba”. Naturalmente ciò non ne impedisce la diffusione in altri paesi, ma si tende ad escludere il verificarsi di barbarie simili a quelle che abbiamo visto a Bengasi.

Chi fa notare che tutto ciò è l’espressione dell’esplosione di libertà che questi paesi, compreso l’Iraq, hanno conosciuto grazie alle rivoluzioni non esagera. Tuttavia questa libertà si è mossa nella direzione sbagliata e non solo per la banalità dell’occasione (il film), ma anche perché la brutta risposta a cui tutti noi abbiamo assistito punisce proprio la libertà.

Con ogni probabilità i regimi tirannici, guidati da quello siriano, nel messaggio indirizzato ad americani e occidentali hanno voluto dire: questo è il risultato delle rivoluzioni che avete sostenuto, contate su di noi e noi proteggeremo i vostri interessi.

Il meno che si possa dire di questa interpretazione è che è tendenziosa, va oltre i regimi autoritari per arrivare fino agli intellettuali e agli scrittori a cui non importa della faccenda, se non per il fatto che sia stata colpita direttamente l’America.

Non c’è dubbio sul fatto che bisogna accelerare le fasi di transizione difficili e confuse che vivono questi paesi e che sono oggi democraticamente guidate dagli islamisti. Non bisogna dar loro una svolta solo per frenare le reazioni viste in questi giorni, ma anche per avviarsi finalmente verso la stabilità e il progresso.

Tuttavia, oggi il problema principale è regolare la libertà sia attraverso l’accento sulla posizione di favore di cui godono le autorità nell’uso di strumenti di violenza sia attraverso la diffusione di idee religiose più illuminate nella comunità. Forse la domanda che si pone nei paesi della “Primavera araba” è: come raggiungere il progresso? Come trattare con i salafiti armati e arretrati?

Infine c’è l’Occidente che occupa una posizione di primo piano nelle nostre discussioni e nelle nostre preoccupazioni, in particolare perché è l’utero che partorisce tutte le barbarie devastanti per le nostre comunità e tutte le tirannie che opprimono i nostri popoli.