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I cristiani in Libano: assurdità contro accordo presidenziale

Di Denise Atallah Haddad. As-Safir (08/11/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Sono molti gli scenari possibili che potrebbero emergere dall’estensione del mandato parlamentare libanese, dalla falsa democrazia al profondo disordine, come afferma la società civile, o addirittura una condivisa soddisfazione nazionale. Tuttavia, ci sono anche risultati e speculazioni più interessanti, non per la loro importanza, bensì, per l’approssimazione con cui analizzano questa crisi in corso.

Ci sono due assiomi che è possibile intravedere nella battaglia. Il primo riafferma la leadership della maggioranza musulmana in Libano, sunniti e sciiti insieme, e comporta la marginalizzazione di ogni minoranza, che sia cristiana, drusa o alauita. Il secondo principio, invece, consiste nel demonizzare l’anello debole, cioè, il partito “Forze Libanesi”. Esso, infatti, è già stato accusato d’insubordinazione, votando in favore del prolungamento, come se tutti gli altri partiti non fossero ugualmente colpevoli del “sangue democratico” versato.

Ma giustificare l’attacco, dicendo che è stato grazie a Forze Libanesi che si è giunti a questo risultato, solleva domande ed equivoci. Quest’assioma, in particolare, ci fa interrogare sul patto tra le forze cristiane, sul suo significato, su chi ne fa parte, chi limita il patto di rappresentanza e su quali basi. Questa questione è nata nel 1992, ma non ha ancora trovato una risposta.

Tuttavia, anche se non c’è dubbio che Forze Libanesi abbia compensato la perdita che avrebbe potuto subire, in realtà, la battaglia tra Forze Libanesi, il Movimento Patriottico Libero (MPL) e la Falange è condotta contro i neutrali, che non sono una minoranza, anzi, rappresentano una maggioranza tanto silenziosa quanto effettiva. È per questo che la vittoria di un gruppo rispetto a un altro, oggi, significa solo andare avanti con l’attività politica.

Inoltre, anche l’influenza delle vecchie posizioni non ha più lo stesso peso. Bkerké, la città dove ha sede il Patriarcato della Chiesa Maronita, per esempio, avrebbe potuto avere la meglio sulle altre; tuttavia il pensiero del Patriarca Béchara Raï non è ancora chiaro, ora in favore del MPL, ora di Forze Libanesi, prima ha appoggiato la decisione di estendere il mandato parlamentare, poi ne ha dichiara la sua incostituzionalità.

Comunque, secondo chi è vicino a Béchara, il Patriarca è infastidito sia dall’assenza di un presidente della Repubblica sia dall’estensione del mandato parlamentare, per non parlare delle minacce e delle scommesse tra i partiti che non sono capaci di imporsi o di cambiare.

Un vecchio politico cristiano ha descritto la realtà dei fatti, la portata degli errori commessi e il ruolo di partiti cristiani e della Chiesa affermando che “i cristiani devono andare oltre il prolungamento del mandato e capire che soltanto l’elezione di un nuovo presidente può restituir loro il giusto peso politico” in Libano. Tutto il resto è soltanto un’assurdità.

Denise Atallah Haddad è un giornalista libanese che scrivere per il quotidiano pan-arabo As-Safir.

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Roberta Papaleo

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  • In assenza di un presidente eletto se si votava per il rinnovo del parlamento decadeva anche il governo e chi avrebbe dato l’incarico di formare il nuovo esecutivo? Così il Libano sarebbe finito nel vuoto istituzionale totale