Di Michael Young. The Daily Star Lebabon (31/07/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
Nell’ultimo periodo, Hezbollah ha preferito mantenere un basso profilo sulle questioni politiche del Libano. Infatti, nonostante i ripetuti incontri tra Nasrallah, il leader di Hezbollah, e Walid Jumblatt, un politico druso che si sta sforzando di ottenere un riavvicinamento tra sunniti e sciiti, la guida del Partito di Dio si è tenuta ben distante dal parlare delle dinamiche politiche del suo Paese durante il suo ultimo discorso.
Inoltre, per quanto riguarda le relazioni del Libano con altri Stati, sia l’Iran sia l’Arabia Saudita potrebbero svolgere un ruolo determinante per attenuare il conflitto settario, soprattutto alla luce della recente radicalizzazione dei movimenti sunniti in tutta la regione.
Nello specifico, anche se ci sono stati dei segni di acquietamento, l’atteggiamento dei sauditi, comunque, rimane imperscrutabile. Nello specifico, il regno saudita, all’inizio di quest’anno, ha deciso di rimuovere il divieto di viaggio verso il Libano, decisione che è stata intrapresa anche da altri Stati del Golfo.
Allo stesso modo, anche i politici libanesi filo-sauditi, come Nouhad Machnouk, il ministro degli Interni, e Ashraf Rifi, il ministro della Giustizia, non hanno mantenuto un chiaro orientamento verso la comunità sunnita, opponendosi alla sua radicalizzazione, in particolare nel nord del Paese. Essi, però, hanno anche abolito la lista di ricercati sunniti che era stata stilata sulla base di testimonianze inattendibili.
Dal canto suo l’Iran potrà contribuire al miglioramento della crisi settaria libanese, fintanto che saprà contenere i risvolti politici dell’Iraq. Questa linea è stata confermata anche dall’atteggiamento conciliatorio di Mohammad Fathali, il nuovo ambasciatore iraniano a Beirut, durante un suo incontro con Fouad Siniora, l’ex primo ministro libanese.
Queste sembrano tutte delle buone notizie, ma Hezbollah e Teheran dovranno adottare politiche più coerenti e rivedere le loro aspirazioni e ingerenze regionali, soprattutto in Siria, se desiderano effettivamente contribuire alla riduzione dei conflitti settari.