Di Salim Salamah. Oximity (03/03/2014). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.
Gli assassini politici sono uno strumento comune usato dal regime siriano e da gruppi a lui riconducibili come l’ISIS. Il loro obiettivo sono attivisti della società civile, popolari leader d’opposizione e figure-chiave di iniziative radicate in seno alla comunità. Lo scopo degli assassini politici è quello di distruggere ciò che le bombe non raggiungono: pionieri dei diritti umani e influenti individui d’opposizione che lottano per un domani migliore. Basta citare due nomi: il curdo Mashaal Tammo, ucciso nel 2011, e il genio dietro gli striscioni di Kafranbel Raed Fares, sopravvissuto questo gennaio a un tentativo d’omicidio.
Il prominente attivista Bassam Basaleh è stato ucciso il 14 febbraio nella città di Al-Tal, parte del governatorato del Rif di Damasco, nella Siria meridionale. Nato il 5 gennaio 1964, è stato assassinato nella città in cui ha passato tutta la sua vita. Vista la carenza di assistenza medica a causa dell’assedio imposto dal regime, le ferite lo hanno dissanguato fino alla morte. “Non ha studiato molto, ma adorava Gamal Abdel Nasser e aveva letto quasi tutti i suoi scritti e ciò che di lui si scriveva”, ricorda una fonte vicina alla famiglia: “La lettura era la sua fonte d’apprendimento, nessun diploma: solo il puro amore per la conoscenza”.
Bassam era un democratico progressista che aveva preso parte alle proteste in Siria già negli anni ’80, quando Hafez Assad aveva stretto la morsa intorno ai Fratelli Musulmani, ai comunisti siriani e a molti altri attivisti politici. “Ai tempi, è stato incarcerato per 6 mesi, ma ha sempre mantenuto i suoi principi credendo nella democrazia, nel pluralismo e in una società civile”, spiega ancora la fonte. Prima della rivoluzione siriana, il suo impegno politico si concentrava soprattutto sulla causa palestinese: organizzava e prendeva parte a sit-in ed attività tutti pensati per mostrare solidarietà verso il popolo palestinese.
Con altri attivisti aveva fondato “La Corrente della Cittadinanza e della Democrazia”, che il portavoce del gruppo descrive come un lavoro “nel campo della politica, a sostegno di uno Stato civile democratico, mentre si tentava anche di dare respiro ad attività che aiutassero i residenti ed i rifugiati di Al-Tal”. Il portavoce ricorda come “la Corrente è cresciuta in fretta ed era come una famiglia, spinta dalla convinzione che solo uno Stato civile democratico possa unire i siriani”. Aver creato la Corrente può aver a che fare con l’assassinio di Bassam? Il portavoce nota che “il suo carisma ha attratto molti giovani e promettenti attivisti: credo che questo abbia fatto arrabbiare il regime”.
Ricorda poi che Bassam “lavorava a molti progetti per i rifugiati nella città – più di un milione di persone – tanto da aggiudicarsi il nome di “padre dei più poveri”. Stava soprattutto facendo molto in termini di modelli per l’auto-sostentamento dei rifugiati: progetti di micro-finanza simili hanno dato filo da torcere sia al regime che ai gruppi a lui riconducibili. Perché questi stessi progetti erano una fonte di speranza”, mentre il regime desiderava che la popolazione cadesse nella disperazione più assoluta. Bassam Basaleh non ha mai lasciato Al-Tal perché era convinto che la presenza sul territorio fosse un’alta priorità per gli attivisti.
Nel corso della prima invasione di Al-Tal (agosto 2013), dalla sua casa si è spostato in un luogo più sicuro, ma deciso a non lasciare del tutto la sua città. I suoi colleghi rivoluzionari hanno cercato di persuaderlo ad andarsene per la sua incolumità, ma lui è rimasto saldo nella sua decisione di rimanere. “Bassam era diventato una minaccia con cui si doveva avere a che fare. Lo hanno ucciso in un modo orrendo, mentre usciva dalla moschea. In una strada buia priva di elettricità, un uomo è uscito da una macchina che si era fermata e gli ha sparato 7 colpi senza alcuna pietà”.
Fa una pausa, poi riprende: “Non vogliamo accusare nessuno, ma è chiaro che il regime è il primo beneficiario della morte di Bassam. Non solo: ciò che percepiamo noi è anche un tentativo del regime di portare divisioni tra la gente della città”. La fonte vicina alla famiglia, invece, rifiuta di scagliarsi contro una parte precisa: “Il nostro diritto ci verrà dato da Dio attraverso la giustizia, non vogliamo vedere sangue versato come ricompensa: vogliamo realizzare il suo sogno di giustizia e del principio di legalità”.
La zona di Al-Tal è controllata da forze in conflitto, mentre i suoi dintorni sono sotto il controllo del regime. I gruppi del Libero Esercito Siriano hanno promesso di identificare gli assassini di Bassam e torna alla mente il rapimento di Razan Zaitouneh e dei suoi colleghi: anche in quel caso l’opposizione nella Ghouta ha dichiarato che i colpevoli sarebbero stati puniti. Ad oggi, tuttavia, il destino di Razan e dei suoi colleghi resta sconosciuto.