Di Adnan Abu Amer. Al-Monitor (12/09/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
A due settimane dalla fine del conflitto nella Striscia di Gaza, le richieste di Hamas non sono ancora state soddisfatte, in particolare per quanto riguarda il sollevamento del blocco e l’apertura dei varchi di frontiera, due elementi che stanno causando ritardi nell’avvio del processo di ricostruzione.
Mentre tra i palestinesi cresce la frustrazione per il fatto che la guerra non ha raggiunto il suo obiettivo, in alcuni quartieri di Gaza si inizia a ipotizzare un ritorno al conflitto dal momento che Israele non sta onorando l’accordo di cessate-il-fuoco. Ismail al-Ashqar, capo del Comitato di Sicurezza e degli Interni del Consiglio Legislativo Palestinese, ha dichiarato che se Israele non si atterrà all’accordo, la resistenza non getterà le armi e si preparerà per riprendere i combattimenti per mesi, provocando molte perdite tra gli israeliani.
Tuttavia, un funzionario di Hamas ha dichiarato che “il movimento non ha intenzione di ripristinare i combattimenti per un ritardo nell’implementazione dell’accordo”, aggiungendo che “qualsiasi notizia su un ritorno al conflitto è solo un tentativo di confondere le cose. Hamas è in contatto con gli egiziani per forzare Israele a rispettare quanto promesso”. Mahmoud al-Zahar, membro della leadership politica di Hamas, ha a sua volta dichiarato che le voci sul fatto che Israele non rispetterà l’accordo vengono diffuse da persone collegate all’occupazione.
Durante un seminario politico svoltosi lo scorso 10 settembre a Gaza, Mousa Abu Marzouk, vice presidente dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato che i palestinesi si trovano in una “fase critica” poiché Gaza ha bisogno dell’apertura dei varchi e di uno sforzo comune per la ricostruzione. Un funzionario finanziario di Hamas ha dichiarato che il movimento, nei giorni seguenti alla fine del conflitto, ha distribuito 32 milioni di dollari a coloro rimasti colpiti, aggiungendo tuttavia che si tratta solo di “aiuti d’emergenza che non fanno parte della compensazione pagabile alle persone interessate”.
Intanto, un altro problema finanziario che interessa la ripresa di Gaza, ovvero la crisi salariale del governo, è rimasto irrisolto nonostante le dichiarazioni rilasciate dai circoli di Hamas e Fatah su una soluzione imminente alla questione, un chiaro segno del fatto che il governo sta portando avanti la divisione tra le due parti al suo interno. Di nuovo c’è che lo scorso 11 settembre Hamas ha ricominciato ad emanare i salari per i dipendenti pubblici. Il giorno prima, Yusuf al-Kayali, sottosegretario del ministero delle Finanze di Gaza, aveva annunciato che la metà di ogni salario sarebbe stata pagata attraverso gli uffici postali. Tuttavia, un funzionario del ministero delle Finanze di Ramallah ha dichiarato al riguardo che “il ministero non è al corrente del pagamento di 40.000 impiegati di Gaza tramite uffici postali”, aggiungendo che “la questione non è stata ancora risolta”. Il funzionario ha concluso dicendo che “questa decisione potrebbe avere effetti negativi sulla crisi tra Fatah e Hamas se il sottosegretario del ministero di Gaza non riferirà al ministero di Ramallah”.
Al di là di ciò, è comunque interessante evidenziare il chiaro desiderio di Hamas di migliorare le relazioni con l’Egitto per ridurre le tensioni tra di essi e voltare finalmente pagina. Lo scorso 7 settembre, Ismail Haniyeh, leader di Hamas a Gaza, ha contattato l’intelligence egiziana nel tentativo di far pressione su Israele affinché implementi l’accordo di cessate-il-fuoco e per sottolineare l’importanza dell’avvio della ricostruzione nella Striscia. Mentre Haniyeh ha elogiato il ruolo dell’Egitto ed evidenziato la sua importanza per la causa palestinese, un funzionario di Hamas ha dichiarato che il movimento “ha deciso di sviluppare le sue relazioni con l’Egitto” dal momento che il governo del Cairo “è necessario per risolvere qualsiasi futuro problema con Fatah e con l’Autorità Palestinese, oltre che per penetrare il blocco regionale imposto a Gaza”.
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