Di Joumana Haddad. Lebanon Now (28/12/12). Traduzione di Alessandra Cimarosti.
Quando la blogger egiziana Alia el-Mahdi ha posato nuda a Stoccolma giorni fa, con altri membri dell’organizzazione Femen, per protestare contro il referendum egiziano e il presidente Morsi, mi è venuta in mente l’unica altra donna araba (a quanto so io) che ha protestato nuda nel 2005: l’ artista siriana Hala el-Faisal si è aggirata intorno al Washington Square Park a New York, con le parole “Fermiamo la guerra”, scritte sul suo corpo nudo, in opposizione alla guerra in Iraq e all’occupazione della Palestina.
Personalmente, non sono mai stata una grande fan delle proteste con nudità. Non perché io sia una puritana. Come potrei esserlo, quando ho fondato una rivista che esplora l’erotismo e la sessualità nella lingua araba? Ma sono contro queste cose per principio, perché io sono contro la strumentalizzazione del corpo della donna per una “causa”, per quanto nobile la causa sia. Ne abbiamo già abbastanza nel business pubblicitario: cartelloni e tv commerciali sono pieni di carica sessuale. Non si trova nemmeno una pubblicità del frigo, senza una donna mezza nuda distesa su di esso, supponendo che ciò ti indurrà a comprarlo (inutile dire che non ci saranno mai uomini mezzi nudi che ti attirino a comprare un nuovo divano). E per favore, non tiratemi fuori il solito cliché secondo il quale il corpo delle donne sarebbe più “estetico” di quello degli uomini. E chi lo dice? Sono sicura che moltissime donne provenienti da varie parti del mondo trovano i glutei maschili, o qualsiasi altra parte del corpo, molto attraente da guardare. Anche se molte non osano ammetterlo perché in contraddizione con la comprensione forzata della decenza femminile.
Quindi, se una donna vuole farsi sentire, riguardo a qualsiasi tema, che esso sia politico, ambientale o riguardante i diritti degli animali, si deve spogliare. D’altro canto, quando un uomo protesta nudo, non è nulla di che. Tranne forse, quando è parte di un gruppo collettivo o se si protesta PER la nudità (come i naturisti, o coloro che hanno protestato recentemente a San Francisco contro il divieto di nudità nelle strade urbane, nelle piazze, sui marciapiedi e in altre aree pubbliche).
Nudità e proteste sono stati collegati tra loro per molti decenni. Un esempio è il movimento “Breast not Bombs” (“seno non bombe”) e le loro numerose proteste. Ma protestare nudi raramente significa che una donna tenga sotto controllo il proprio corpo: potrebbe anche significare cercare attenzione attraverso il corpo che è esattamente uno dei pilastri del sistema patriarcale. Questo mi fa pensare alla pubblicità del famoso reggiseno Wonder “Guardami negli occhi… negli occhi ho detto!”. Sono sicura che la donna ucraina che recentemente ha causato un tumulto nell’aeroporto di Beirut, per essersi spogliata nuda, protestando contro il divieto di fumo, ha avuto poche persone che l’hanno “guardata negli occhi”.
Né seno, né bombe. Abbiamo un’arma ancora più forte: la nostra voce. Sempre che la usiamo.
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