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Gli iracheni sono contenti di al-Maliki

Di Tareq Alhomayed, Asharq al-Awsat  (28/12/2011). Traduzione di Carlotta Caldonazzo

Forse non sono gli estremisti o gli ideologi ad essere contenti del primo ministro iracheno Nouri al-Maliki, bensì tutti i sostenitori dell’unità dell’Iraq, dell’incolumità del suo sistema politico, della sua lontananza dal settarismo. E ancora della lontananza di al-Maliki dal gioco della politica, del suo ricorrere alla forza contro i suoi avversari immediatamente dopo la partenza degli Usa. Un campanello di allarme per chiunque abbia a cuore il futuro dell’Iraq.

Al-Maliki d’altronde non si intende granché del gioco della politica e sembra non crederci affatto, nella misura in cui crede alla forza e per questo usa con negligenza la parola “legge”. Eccolo invece che vuole arrestare il vicepresidente iracheno Tareq al-Hashemi, che cerca di destituire il suo vice Saleh al-Motlak e si scontra con il presidente del parlamento Osama al-Nujayfi, tre personaggi che hanno in comune il fatto di essere simboli dell’islam sunnita arabo iracheno. Senza dubbio un sintomo di debolezza politica, ma ancora non è tutto. Ecco infatti i curdi che si oppongono ad al-Maliki per procura (o chiamatelo come volete), come fanno gli sciiti seguaci di Moqtada Sadr, anche nel Consiglio islamico supremo. Qui qualcuno potrebbe chiedersi dove sia il settarismo di al-Maliki (sciita) visto che il Consiglio, i sadristi e altri non lo sostengono. C’è una linea di fondo, ma il primo ministro iracheno ha invischiato anche i suoi alleati con la coalizione che lo ha portato al governo e con le pressioni iraniane, poiché non ricorre alla politica ma alla forza. Intanto è diventato governo e opposizione, sicurezza, potere giudiziario, media. Nessuna differenza insomma tra al-Maliki e Saddam Hussein.

Quando diciamo che gli iracheni sono contenti di Nouri al-Maliki, senza riferirci agli estremisti dell’Iraq, lo diciamo perché al-Maliki padroneggia la politica e ha svelato il volto da dittatore velocemente, appena dopo la partenza degli Usa, non dopo una settimana o un mese. Se al-Maliki fosse il Mohammed Khatami dell’Iraq, si metterebbe male non solo per l’Iraq ma anche per altri paesi. Infatti il primo ministro iracheno non gode di ottime relazioni con gli altri paesi arabi, non come Eyad Allawi o Jalal Talabani. Similmente è come se al-Maliki non riuscisse a lasciare un’impressione di credibilità in Occidente: un funzionario americano ha definito “assurda” la posizione politica di al-Maliki, come ha riportato il quotidiano statunitense The New York Times. “Non è interessato a raggiungere un accordo o un compromesso”, ha detto. D’altra parte se al-Maliki fosse il Khatami iracheno potrebbe indurre in errore molti politici, buona parte dei cittadini iracheni e persino gli stati della regione e l’Occidente, come ha fatto Khatami quando governava l’Iran. A quel punto al-Maliki sarà in grado di portare a compimento il suo progetto finale: trasformare l’Iraq in uno stato settario di cui sarà il padrone e nel quale l’unico partito sarà quello della Missione islamica (hizb al-da’wa al-islamiya). Un partito che prenderà il posto del Baath, senonché il compito securitario di al-Maliki e la sua mancanza di senso politico potrebbero risparmiare agli iracheni la fase del suo smantellamento.

L’estraneità di al-Maliki rispetto alla politica è un campanello d’allarme per gli iracheni, a prescindere dalle loro inclinazioni, sulla necessità di concentrare l’attenzione sul futuro che ancora li aspetta nel caso di vittoria di al-Maliki, un fatto nuovo in Iraq. Risolvere la crisi oggi e nel modo più indolore possibile è di gran lunga meglio che risolverla tra anni e a caro prezzo.

È probabile dunque che l’Iraq e la sua gente siano contenti perché i piani di al-Maliki sono stati svelati presto, il giorno dopo il ritiro degli Usa.

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Carlotta Caldonazzo

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  • Al maliki è la vera rovina dell’Iraq. Basti pensare che dopo quasi due anni dalla formazione del governo, ancora non è riuscitoa dare i due dicasteri degli Interni e della difesa ai membri della lista Al Iraqia di Alawi che aveva vinto nelle ultime elezioni. Maliki è un giocetto della mani degli Ayatollah dell’Iran, che stanno fomentando l’oddio tra i popoli dell’Iraq, in particolare tra gli sciiti e Sunniti.