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Gli interessi in gioco nel pantano siriano

Di Sahil Kiwan. Al-Quds al-Arabi (22/10/2014). Traduzione e sintesi di Marco Bailo.

In copertina, foto di Alessandro Ingaria

Molte forze regionali e nazionali si combattono sul campo siriano e tutte, con pragmatismo, non considerano improbabile qualunque alleanza affinché si passi oltre questa fase e se ne esca con meno danni possibili. Non c’è un vincitore in questo olocausto che con la sua fiamma ha arso il popolo siriano, il popolo curdo e ne sta minacciando altri, come prezzo o punizione per chi voleva liberarsi da un sistema dittatoriale corrotto e oppressivo. Se ci fosse un vincitore, sarebbero i fabbricanti di armi russi e statunitensi, o forse israeliani, iraniani o altri che non conosciamo. Ma d’altra parte, in quella regione, in testa ai vincitori vi è Israele.

Il regime di Assad, che da mesi sta per cadere, fin dall’inizio della rivoluzione siriana, non è coeso ed è incredibile che stia in qualche modo recuperando equilibrio, cosa che è avvenuta dopo l’uso delle armi chimiche. Nel frattempo è apparso Daish (conosciuto in Occidente come ISIS), di cui si è servita l’elaborazione teorica del regime, che fin dall’inizio ha fatto ricorso all’accusa che i rivoluzionari fossero corrotti, repressivi, terroristi e traditori. Questa imputazione era pronta fin da prima della rivoluzione. Al contrario l’accusa di tradimento della nazione o di indebolimento dei suoi organi di potere era mossa da chi aveva sospetti sul ruolo del partito di Assad e di chi parlava di liberazione dell’uomo al di fuori di un potere repressivo.

La verità è che il regime siriano ha un intermediario forte, che dipende dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, le cui azioni non sono manifeste. Questo intermediario porta in salvo il regime nel momento opportuno, perché vuole che continui a governare. La garanzia dello status quo è mantenuta da una serie di attori, alla cui testa vi è Israele, che non abbandonerà facilmente questa decisa posizione, a meno che non vi sia in alternativa un vantaggio immediato o non immediato, ma questo è quasi impossibile.

Fra gli Stati Uniti e i suoi alleati vi è poi la Turchia, che vuole il prezzo dell’entrata contro il massacro compiuto da Daish, cioè una zona di interdizione al volo e un forte supporto all’opposizione moderata, questioni che potrebbero accelerare la caduta del regime e di cui diffida Israele – e ciò che vuole Israele influenza gli Stati Uniti e i suoi alleati. La Turchia è fortemente implicata nel pantano siriano, a causa di cui ha paura di affondare e di pagare un prezzo esorbitante. Infatti ha posto delle condizioni all’intervento di terra in territorio siriano contro degli organi dello Stato. La Turchia vuole la caduta di Assad per mettere al suo posto le forze moderate, ma Israele rifiuta, e di conseguenza gli Stati Uniti. In fin dei conti, l’esistenza di un criminale di guerra, che supera i crimini di Israele, è utile per i suoi interessi mediatici e gli dà un maggior spazio di manovra per commettere altri crimini e per evitarne la pena.

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