Di Fatima Yasin. Al-Arabi al-Jadeed (18/07/2017). Traduzione e sintesi di Federica Pretto.
La conferenza di Ginevra non è comparsa nei titoli dei giornali arabi e internazionali. Sembra che il nome della città più sicura del mondo attiri il turista, ma non attiri più l’interesse per gli affari politici che vi si svolgono. Nell’indifferenza del resto del mondo, i siriani, che dovrebbero seguire con attenzione lo svolgersi della conferenza, sanno già che le decisioni prese durante questo turno di negoziati non saranno applicabili in questo momento.
Infatti, l’attuale piano russo-americano suscita reazioni contrapposte. Esso prevede l’isolamento del meridione per preservarlo dai combattimenti e far sì che ciò costituisca il primo passo per una tregua generale, aprendo la strada ad una soluzione complessiva, se non ad una divisione del Paese.
La soluzione non consisterà affatto in una transizione politica, come si aspettava l’opposizione. Tale prospettiva, ormai, non potrà realizzarsi se non in tempi molto lunghi. Specialmente dopo che il presidente Macron, il 21 giugno, in seguito all’incontro con l’omologo americano Trump, ha dichiarato che il suo Paese non considera più l’allontanamento di Assad una condizione necessaria per risolvere il conflitto, ammettendo che si tratta di un “cambiamento effettivo” della politica francese rispetto alla Siria.
Assad, col sostegno politico e militare illimitato del suo alleato russo, continua nei suoi tentativi di strappare all’opposizione le terre da lei controllate. La priorità del regime è di isolare la Ghouta orientale, compresa nel piano delle “zone cuscinetto”, con l’obiettivo di potervici esercitare in futuro il controllo. In questo, può contare anche sull’appoggio di varie milizie regionali, desiderose di approfittare dell’abbassamento dell’attenzione internazionale per conquistare terreno.
Nel nord della Siria, intanto, i combattimenti fra le brigate dell’opposizione continuano, come quello che ha visto opporsi, vicino ai confini con la Turchia, le fazioni Ahrar al-Sham e Hayat Tahrir al-Sham (appoggiata da Al-Qaeda). Questo scontro, insieme ad altri, non è che il risultato di quella “guerra degli altri” in corso sul territorio siriano da più di sei anni, mentre la soluzione politica mantiene un profilo basso dietro il muro di nebbia in cui l’avvolge Ginevra.
Coloro che si ritengono soddisfatti dei risultati di Ginevra 7 si contano sulle dita di una mano. Il primo è l’inviato delle Nazioni Unite, Staffan De Mistura, che è riuscito a fissare per settembre la data del prossimo turno dei negoziati. L’ottimismo è comprensibile, dal momento che la sua missione si limita a cercare un accordo delle varie parti in conflitto nel proseguire gli incontri. Impiego ad vitam in seno alle Nazioni Unite garantito!
Il secondo è il rappresentante del regime siriano, Bashar al-Jaafari, che ha parlato di un incontro “proficuo” con De Mistura. Davanti all’inviato dell’ONU e al piccolo gruppo di giornalisti che lo aspettava fuori dalla sala della riunione non ha fatto che ripetere l’espressione “lotta contro il terrorismo”. E anche se ad uno dei giornalisti ha dichiarato di aver parlato “ampiamente” degli attacchi americani e israeliani nel territorio siriano, non ha rivelato maggiori dettagli in proposito. Due sono i messaggi che ha lanciato: uno rivolto all’esterno, per ricordare che la priorità è la lotta al terrorismo, e uno rivolto all’interno per rassicurare i sostenitori che il regime non permetterà che si verifichino altri attentati.
Assad, intanto, approfittando da sette anni del fattore tempo, aspira a estendere di nuovo il suo controllo sulle città distrutte. Il futuro di Assad non sarà tuttavia semplice: per risolvere una catastrofe umanitaria di tali dimensioni, egli dovrà fare i conti con coloro che hanno perso la propria casa e i propri cari, e con ciò che ha significato il ritiro dei vari capi di stato dal “gioco”, ossia l’imposizione della Russia della sua egemonia su quest’angolo di mondo in fiamme.
Fatima Yasin è una scrittrice siriana che vive in Turchia.
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