Di Charlotte England. The Independent (29/11/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
La Francia ha deciso che i prodotti provenienti dai territori palestinesi occupati da Israele dovranno essere etichettati come tali, decisione che ha spinto Tel Aviv ad accusare Parigi di contribuire al boicottaggio dello Stato ebraico.
Di fatti, la Francia ha appena pubblicato delle linee guida sull’applicazione dei regolamenti dell’Unione Europea sulle merci provenienti dalla Cisgiordania, incluse Gerusalemme Est – che la comunità internazionale considera come territorio palestinese occupato – e le Alture del Golan, prese alla Siria da Israele nel 1967. Il sito ufficiale del governo francese recita: “In base al diritto internazionale, le Alture del Golan e la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, non fanno parte di Israele”.
L’UE aveva legiferato in merito un anno fa, ma la Francia è il primo Stato membro ad applicare la decisione, che all’epoca aveva scatenato una crisi diplomatica tra Bruxelles e Tel Aviv. Il governo francese ha detto chiaramente che etichettare le merci semplicemente come provenienti “dalla Cisgiordania” o “dalle Alture del Golan” senza fornire ulteriori dettagli “non è accettabile”. Al contrario, i prodotti devono essere chiaramente etichettati come provenienti da “insediamento israeliano”, per evitare “il rischio di fuorviare il consumatore”.
Dal canto suo, il ministero degli Esteri israeliano ha risposto dicendo di essere “rammaricato che la Francia, che di fatto possiede una legge contro il boicottaggio, stia adottando misura che potrebbero essere interpretate come un incitamento […] dei movimenti di boicottaggio di Israele”. Il ministero ha inoltre accusato la Francia di “usare due pesi e due misure” concentrandosi su Israele e “ignorando le altre 200 dispute territoriali in tutto il mondo”, come riportato dal sito di notizie The Local.
Nel novembre 2015, l’UE aveva mandato su tutte le furia Israele adottando una mozione che dichiarava che i prodotti provenienti dagli insediamenti dovevano essere etichettati come tali. Il paese aveva sospeso alcuni settori della cooperazione con l’Unione e il ministero aveva definito la decisione come “antisemitismo mascherato”. Da parte loro, alcuni funzionari diplomatici europei avevano ammesso in privato che la forza della risposta israeliana aveva distolto diversi Stati membri dal pubblicare le proprie linee guida in merito.
Hugh Lovatt, coordinatore per Israele presso l’European Council on Foreign Relations, aveva riferito a The Local che la Francia è il primo Stato membro ad agire in base alla decisione dell’UE. Lovatt sostiene che la frustrazione di Parigi per il rifiuto da parte di Israele di partecipare alla conferenza per la pace promossa e guidata dalla Francia, insieme al fatto che Tel Aviv continua l’espansione dei suoi insediamenti, potrebbero aver motivato la mossa francese: “La questione adesso è vedere se altri Stati membri seguiranno l’esempio francese”, ha detto Lovatt.
Le linee guida arrivano infatti dopo il tentativo di Parigi di organizzare una conferenza internazionale per la pace, per ripristinare il processo di pace israelo-palestinese, in stallo dall’inizio del 2014. Israele si è rifiutata di partecipare, dichiarando che un eventuale accordo va discusso esclusivamente a livello bilaterale.
Charlotte England è una giornalista inglese che scrive per The Independent e The Guardian.