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Fes, alla scoperta del sufismo

Di Yasmine Ryan e Shadi Rahimi. Middle East Eye (09/07/2014). Traduzione e sintesi di Laila Zuhra.

Ci troviamo a Fes, davanti alla famosa moschea Tijani, che deve il suo nome a Ahmed Tijani, fondatore di una delle principali correnti del sufismo islamico con milioni di seguaci in tutto il mondo. I fedeli tornano in strada dopo aver pregato; due musicisti gnaoua, che come i Tijani sono una delle tante confraternite sufiche diffuse in Marocco, vagano per le stradine tortuose di Fes, alla ricerca di turisti per i quali esibirsi. Si guadagnano da vivere animando cerimonie di ispirazione sufica in case di famiglie marocchine. Tali cerimonie, influenzate non solo dall’Islam ma anche dal misticismo dell’Africa Occidentale, attirano le ire degli ultraconservatori, benché molti marocchini le considerino parte del patrimonio culturale.

Nonostante Fes sia nota come la capitale spirituale del Marocco, Paese con una radicata tradizione sufica, negli ultimi anni, c’è stata un’inversione di tendenza a favore del wahabismo, e le correnti islamiche conservatrici hanno guadagnato popolarità tra i giovani del posto, soprattutto a causa di fattori quali la povertà e la disoccupazione.

Da molto tempo le autorità marocchine promuovono attivamente il sufismo, una strategia, questa, avviatasi negli anni Ottanta con l’obiettivo principale di contrastare l’ascesa dell’islam politico.

Quando è scoppiato il dissenso politico nel febbraio 2011, il re Mohamed VI ha gestito le tensioni permettendo al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, il partito islamista dominante del Paese, di unirsi per la prima volta alla squadra di governo, dopo quattordici anni trascorsi tra i banchi dell’opposizione. I critici del re, però, affermano che la democratizzazione sta avvenendo troppo lentamente e in modo controllato e superficiale.

La promozione del Sufismo ha anche l’obiettivo di contrastare l’attrattiva del wahabismo ultraconservatore, che secondo alcuni è stato diffuso dai Paesi del Golfo nel tentativo di esercitare il potere su tutta la regione. Sostenendo il ruolo delle zawiya, come sono chiamati i centri religiosi dei Sufi, le autorità marocchine cercano di colmare i vuoti per evitare influenze esterne. Questa politica è, allo stesso tempo, anche uno strumento diplomatico, soprattutto per facilitare i rapporti tra il Marocco e i Paesi dell’Africa Occidentale, ed economico, per incoraggiare il turismo. Il tutto rientra nel discorso più ampio della vivificazione del patrimonio culturale e della storia in chiave moderna.

Questa rinascita della cultura sufica in Marocco significa che i sufi giocheranno un ruolo sempre crescente, non solo nella vita politica nazionale, ma anche nel portare avanti l’influenza del Marocco a livello sia regionale che internazionale.

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