Articolo di Beatrice Tauro.
È stato presentato ieri, 11 luglio, a Roma presso l’Ambasciata di Palestina il volume di fotografico dal titolo “The land that remains” realizzato da Federico Busonero.
Il progetto fotografico è stato realizzato su commissione dell’UNESCO nell’ambito di un programma di testimonianza di ciò che è diventata la terra di Palestina e della sua valorizzazione.
Palestina come terra piena di cicatrici, ma nello stesso tempo incarnazione di qualcosa che i Palestinesi non hanno più, la terra appunto.
Busonero, affermato fotografo internazionale, ha realizzato i suoi scatti durante tre lunghi viaggi in terra palestinese fra la fine del 2008 e per tutto il 2009, visitando soprattutto le aree più rurali del Paese. Le immagini sono state prevalentemente scattate in Cisgiordania, mentre l’accesso a Gaza è stato negato al fotografo dalle autorità israeliane.
“Quando sono arrivato in Palestina mi sono trovato di fronte un paesaggio stravolto dall’occupazione israeliana. A quel punto la domanda che mi sono posto è stata: è possibile fotografare la Palestina?”. Con questo interrogativo Busonero ha introdotto il suo intervento nel corso della presentazione, alla quale hanno partecipato Mai Alkaila, ambasciatrice di Palestina in Italia, Luisa Morgantini, presidente di AssoPace Palestina e Giovanni Fontana Antonelli, funzionario UNESCO e coordinatore del progetto.
Come ha ben rappresentato l’autore, in Palestina ogni pietra, ogni albero, la stessa terra hanno un significato potente che però nello stesso tempo sembra scomparire. La continuità della storia si fonde con la cancellazione della storia, a causa della dilagante occupazione.
Nelle parole della Morgantini l’essenza del volume ed il significato del suo titolo “La terra che rimane”, sta nel significato stesso della fotografia: fotografare è guardare ma anche ascoltare il paesaggio, un paesaggio che sta via via scomparendo, e nel volume di Busonero è stata immortalata la terra che resta, con tenacia, con determinazione resta la terra con la sua storia, nonostante la brutale colonizzazione israeliana.
Particolare enfasi è stata posta sulla prima delle 79 immagini di cui è costituito il volume: raffigura un uomo seduto lungo la strada 60 (che attraversa l’intera Palestina), al suo fianco delle borse ed un orologio le cui lancette sono immobili. Busonero spiega questa fotografia come una metafora della condizione dei palestinesi: il loro tempo è congelato, non possono muoversi, non solo liberi di spostarsi e sono in attesa che arrivi una soluzione alla loro innaturale condizione, la fine dell’occupazione e il ritorno alla libertà di vivere la propria terra, la terra che rimane.
La pubblicazione del volume ha richiesto sei lunghi anni, soprattutto per le difficoltà legate alla ricerca di un editore disposto a dare voce a questo impegnativo lavoro. Solo nell’aprile del 2016, grazie al coraggio di una casa editrice tedesca, il volume ha visto la luce.
Una serie di immagini che raccontano la sofferenza di un popolo costretto ad abitare una assenza, l’assenza della propria terra, gradualmente e costantemente rubata dall’occupazione. Ma nello stesso tempo un libro che ci racconta di una Palestina piena di storia, di vita e di creatività.
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