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Egitto: andare o non andare?

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3930783130_e3b3ef68c1_o 29 agosto: all’aeroporto Leonardo Da Vinci la ragazza del check-in mi guardava in modo strano, sorpreso, riservandomi alla fine anche un “in bocca al lupo” per la mia decisione di andare in Egitto. L’aereo era pressoché vuoto, sul volo qualche decina di egiziani, 4 stranieri, tutti già residenti al Cairo, nessun turista.

Dopo aver ritirato i bagagli ed aver già detto la’ shukran (no grazie) ad una decina di tassisti insistenti, si aprono le porte scorrevoli del terminal ed eccomi di nuovo qui  dopo un periodo di pausa: l’aria calda, la sabbia, l’odore dell’Egitto, sono tornato a casa!  Adoro guardare dal finestrino  il paesaggio urbano che cambia, adoro i neon verdi delle moschee, adoro ascoltare il coro caotico dei muezzin al momento della preghiera, adoro gli odori e i sapori delle strade, adoro il Nilo.

Molti paesi europei hanno rimosso il divieto ai turisti di recarsi nel paese, l’Italia non l’ ha ancora fatto. Questo non è un irresponsabile invito a visitare il paese fingendo che tutto vada bene, è piuttosto una semplice testimonianza personale. Certo, girare di venerdì a piazza Tahrir o a Rabaa El Adaweya può essere rischioso, ma le località turistiche sono al sicuro e la vita va avanti normalmente. Milioni di persone impiegate nel settore sono disperate e pagano il prezzo dello scontro politico. Dopotutto, quale nazione può dirsi totalmente al sicuro e al riparo di questi tempi?

Un famoso proverbio egiziano dice: chi beve l’acqua del Nilo tornerà. Ovviamente non va preso alla lettera altrimenti  sarei già morto di qualche malattia fulminante, ma il senso è chiaro: quando l’Egitto ti cattura con il suo fascino puoi provare  a resistere ma alla fine tornerai.

Sarà forse pazzia o incoscienza , ma per noi amanti di questa parte del mondo il rischio è parte del gioco, non esistono cure o medicine al Mal d’Africa. Andare o non andare? Se ve la sentite e lo desiderate, l’Egitto vi accoglierà sempre!

Luca Pavone (al Cairo dal gennaio 2011)