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Egitto: allacciate le cinture

Di Tariq Alhomayed. Asharq al-Awsat (25/06/2012). Traduzione di Angela Ilaria Antoniello.

L’Egitto, e con lui l’intera regione araba, è entrato in una nuova e pericolosa fase da quando il candidato dei Fratelli Musulmani, Mohamed Mursi, è stato annunciato come prossimo presidente del Paese. Chiunque creda o immagini che stiamo assistendo a un film che avrà inevitabilmente un lieto fine sbaglia, mentre quelli che credono che questo sia un affare puramente egiziano, non solo sbagliano, ma sono anche piuttosto superficiali.

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’Egitto si trova oggi davanti a un bivio cruciale e molto dipenderà dalla direzione che sarà presa, sia in politica interna che in tutta la regione araba. Per gli egiziani la battaglia è appena iniziata. Nell’Egitto di domani si assisterà forse a uno scontro aperto tra i Fratelli Musulmani e i militari, come accade in  Turchia? Se così fosse, non è comunque pensabile che il risultato finale sarà identico, sia perché il modello turco ha richiesto un lungo periodo di tempo sia perché in Egitto non c’è una figura paragonabile a Erdogan. Di fatto poi, i Fratelli Musulmani egiziani hanno rifiutato il consiglio del primo ministro turco circa la necessità di creare uno stato laico.

L’altro modello da seguire potrebbe essere quello khomeinista, che ha inghiottito tutte le forse politiche e le correnti sociali iraniane che lo sostenevano. Qualcuno potrebbe dire che i militari faranno da garanti all’Egitto, ma non bisogna dimenticare che oggi il presidente egiziano è un membro dei Fratelli Musulmani, e pertanto sono loro a  governare il Paese. Questa è la realtà e molto dipenderà proprio da questo, a livello politico, economico, sociale, religioso e culturale non solo in Egitto ma in tutta la regione araba. Chiunque dica che oggi i Fratelli Musulmani rappresentano la realtà e che quindi bisogna trattare con loro, senza criticarli, sbaglia. Infatti, chiunque decida di scendere in politica deve ricordare che le critiche sono lecite.

Per di più non si può fare a meno di sottolineare che le conseguenze dell’esperienza khomeinista sono ancora vive nella regione, a quasi quattro decenni di distanza dallo scoppio della rivoluzione con effetti evidenti in Libano, Iraq, Bahrain e Yemen. Allo stesso modo anche l’esperienza nasseriana, frutto del colpo di stato militare del 1952, ha avuto notevoli conseguenze in tutta la regione araba.

Questa non vuole essere una lettura pessimistica della situazione, ma un messaggio diretto a coloro che hanno nascosto la testa sotto la sabbia per troppo tempo, perché siano cauti e allaccino le cinture, specie ora che ci troviamo ad affrontare una situazione che molti non credevano possibile e che, senza dubbio, avrà conseguenze enormi.