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Ebreo e fiero di essere tunisino

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Di Conor McCormick-Cavanagh. Your Middle East (02/08/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Seduto su una sedia, tra una sigaretta e l’altra, Jacob Lellouche risponde alle telefonate su tre cellulari. Lo chiamano per sapere il menu del giorno del suo ristorante, il Mamie Lily. Il nome deriva dalla madre, che, a dispetto dei suoi 88 anni, dà ancora ordini e osserva la preparazione dei piatti in cucina. Il Mamie Lily, situato a La Goulette, è l’unico ristorante kosher di tutta la Tunisia, testamento di una cultura di tolleranza da sempre presente nella società tunisina.    

Jacob è un caso unico non solo perché gestisce un ristorante kosher, ma anche perché è fondatore e presidente di Dar el Dhikra, organizzazione dedicata alla memoria del patrimonio ebraico in Tunisia. Della storia degli ebrei in Tunisia Jacob sa tutto, dal loro arrivo con i fenici fino ai giorni nostri. Pur con tutto questo orgoglio, però, Jacob si identifica innanzitutto e soprattutto con il suo Paese. “Sono tunisino! – esclama – Sono come tutti gli altri. Musulmani, ebrei, cristiani. Siamo tutti tunisini”.     

Sebbene la sua organizzazione sia di tipo puramente culturale, Jacob, dopo la rivoluzione tunisina, si è dedicato per un p0′ di tempo alla politica. Si è candidato al Parlamento perché voleva dimostrare che gli ebrei tunisini sarebbero stati parte della società tunisina, come cittadini e non come minoranza religiosa. Anche se ha perso, crede di aver raggiunto il suo scopo.

Di Israele e della Palestina pensa che tutt’e due amano la guerra e che hanno ricevuto molti soldi dall’esterno solo perché sono in perenne conflitto. È felice che esista un posto che si spera impedirà un nuovo olocausto, ma non ha alcuna intenzione di trasferirsi in Israele. “Ho studiato e vissuto in Francia per molto tempo, ma lì lo stile di vita era troppo frenetico. Qui a Tunisi ho una vita sociale, intaglio il legno, dipingo, lavoro alle iniziative della mia organizzazione e mi dedico alla gestione di due ristoranti. Sono tunisino e non ho interesse a vivere in nessun’altra parte del mondo. Resterò qui per il resto della vita”.

Jacob ama la sua famiglia. Lo si evince dall’impegno nel prendersi cura della madre – l’unica donna della sua vita da quando ha divorziato – e dall’umorismo con cui si rivolge al fratello. A volte però, lo spirito lascia spazio al turbamento. La rivoluzione ha portato molta libertà, ma l’ascesa dei gruppi islamisti preoccupa Jacob. In diversi episodi, infatti, i salafiti hanno inneggiato alla morte degli ebrei e dei sionisti.

Alla domanda se questa sia l’età dell’oro per gli ebrei di tutto il mondo, Jacob risponde convinto: “No. Né sicuro che ne abbiamo mai avuto o ne avremo una”. Eppure non può fare a meno di riconoscere che in Tunisia vive liberamente ed ha la possibilità di stringere relazioni con persone di ogni religione.   

Jacob non è credente, ma rispetta il diritto alla religione. Molti suoi amici sono musulmani. In questo senso, la sua storia e la sua visione della vita mostrano che i conflitti senza fine ed una considerazione negativa delle differenze non devono essere temi dell’interagire umano nel fragile mondo di oggi. Ogni giorno Jacob, parlando con i clienti del suo ristorante, involontariamente trasmette questo messaggio di pace, rendendo La Goulette, la Tunisia e il mondo un posto migliore. 

Conor McCormick-Cavanagh è un giornalista specializzato sulla Tunisia. È attivo anche nel campo dell’istruzione tunisina, in particolare nella promozione della comprensione cross-culturale.

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