Di Bahaa Ezzelarab. Mada Masr (11/06/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.
Il 5 giugno 2014, un emendamento al codice penale egiziano ha visto l’introduzione delle molestie sessuali come crimine definitivo. Sebbene l’emendamento non soddisfi pienamente le aspirazioni di molte parti interessate, che hanno lottato per anni per promulgarlo (ad esempio, il limitare la definizione di molestie all’atto di stalking ed al pedinamento della vittima, esclude molti atti di molestie verbali), rimane un vittoria importante e un risultato che vale la pena festeggiare. L’ironia, però, sta nel fatto che, nonostante le molestie siano un reato, la legge, lo Stato e la società incoraggiano la persecuzione delle donne. Ecco come.
La legge ed i tribunali alimentano, indirettamente, le molestie attraverso l’istituzione di una specifica immagine del modello di donna – un’immagine utilizzata da molti nella società per giustificare la violenza sessuale e la colpa della vittima. La legge ha una percezione codificata della donna, del suo ruolo nella società, del modo in cui dovrebbe vestirsi e del valore delle diverse parti del suo corpo. La Suprema Corte Costituzionale ha di fatto stabilito che una donna “deve indossare un abbigliamento che rifletta la sua castità […] che non sia inappropriato, in modo da non attirare gli uomini con il suo aspetto e indurlo a violarla, cosa che la porterebbe al peccato, e ad intaccare il suo onore e il suo stato”.
Il problema non sta solo nella legge e la sua percezione codificata delle donne e del corpo femminile. Gli uomini egiziani non vengono cresciuti con la consapevolezza della gravità delle molestie sessuali. Per alcuni ragazzi egiziani, la molestia sessuale è spesso il valico dalla fanciullezza all’età adulta. Per altri, è forse una dimostrazione di forza, o la punizione per quelle donne che non rispettano i dettami della società sul come comportarsi in pubblico.
Nonostante il grigiore della situazione, la legge anti-molestie sessuali è un passo positivo. Le leggi relative alle donne non sono leggi “naturali”, oggettive, ma riflettono una specifica percezione sociale delle donne. Le leggi e le sentenze (se riflettono pregiudizi sociali o personali) svolgono un ruolo attivo nel dibattito sulla “donna modello”, il suo ruolo e il suo diritto sul suo corpo. Questa percezione legale svolge un ruolo nel costruire e plasmare la narrazione. Il problema è che la legge è spesso avvolta in un alone di oggettività che rende i suoi pregiudizi e difetti spesso poco chiari. In altre parole, la legge promuove una particolare percezione dando l’impressione che qualsiasi deviazione sia “innaturale” e “illegale”.
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