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La dichiarazione del Kuwait: fine della “diplomazia di ossequio alle barbe”

L’opinione di Al-Quds. Al-Quds Al-Arabi (26/03/2014). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti.

I lavori del 25° vertice della Lega araba tenutosi in Kuwait si sono conclusi con una dichiarazione contente le decisioni prese in merito alle vicende e alle crisi di vari Paesi arabi, tra cui la creazione di una zona libera dalle armi nucleari in Medio Oriente.

Ma quali sono i risultati concreti contenuti nelle 15.000 parole di cui si compone la dichiarazione?

1) Il vertice del Kuwait ha visto un cambiamento nella mappa della “distribuzione delle forze tradizionali” in seno all’assemblea, poiché l’Arabia Saudita non è più il membro che incide maggiormente sulle decisioni, come in passato. Il posto della Siria è rimasto vuoto, dopo che quattro Stati (si dice sette) avevano minacciato di ritirarsi se esso fosse stato concesso alla coalizione di opposizione, cosa che ha chiaramente infastidito l’Arabia Saudita. Naturalmente, non sono mancate le scuse e le giustificazioni del Segretario Generale della Lega, che però non sono bastate a coprire la profonda divisione in merito alla vicenda siriana, benché tutti concordino sul fatto che si tratti di una tragedia. Inoltre, è sembrato che si stesse cristallizzando un nuovo fronte con una posizione di riserva o forse di rifiuto sull’intervento in Siria promosso invece dai Paesi del Golfo. Il vertice ha anche mostrato l’emergere di una nuova generazione di leader, che potrebbero essere più pragmatici nell’affrontare le questioni controverse, allontanandosi dalla diplomazia “di ossequio alle barbe”.

2) I risultati reali del vertice hanno dimostrato quanto fosse un errore credere che la sua convocazione fosse di per sé “un successo”, in quanto è aumentata la distanza fra i Paesi arabi in merito a molte crisi, fra cui quella nel Golfo. Ciò è emerso chiaramente quando l’erede al trono saudita ha deciso di non rispettare il tradizionale ordine dei discorsi e ha chiesto di precedere il Segretario Generale della Lega, affinché potesse rispondere direttamente al principe del Qatar, che aveva mosso critiche, implicite ma chiare, ad alcune politiche saudite. All’evidente irritazione espressa nel discorso, ha fatto seguito la decisione del principe saudita di lasciare i lavori subito dopo la fine della sessione di apertura. Gli arabi hanno così perso un’occasione: il principe del Kuwait puntava a lavorare dietro le quinte per ricomporre la frattura, soprattutto nel Golfo, che potrebbe andare verso un’escalation. Anzi alcuni ritengono che la “dichiarazione del Kuwait” sia in realtà “l’annuncio della morte del Consiglio di Cooperazione del Golfo”, anche se formalmente rimane in piedi.

3) Sebbene nel preambolo della “dichiarazione” si legga che le decisioni sono emesse dal “Consiglio del vertice della Lega araba”, in realtà alcuni leader e i rispettivi ministri degli Esteri non hanno partecipato alla sessione conclusiva. Inoltre, alcune decisioni sono solo copie di altre precedenti: ciò rivela la profonda impasse fra gli arabi, che si tratti di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per la Siria o per la Palestina, o di adottare posizioni comuni nei confronti di Israele, dal momento che prima ribadiscono l’impegno nei confronti dell’iniziativa di pace araba, salvo poi interrogarsi sulla sua utilità, alla luce delle posizioni israeliane intransigenti.

Tutto sommato, il vertice ha comunque mostrato che è inevitabile adottare approcci diversi dalle strade seguite in passato, cancellate ormai dal tempo.

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