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Intervista: “Bisogna decostruire la lettura patriarcale che danneggia l’Islam”

Asma Lamrabet islam
Asma Lamrabet islam

Di Saad Fkihi e Alice Ménager. Al Huffington Post Maghreb (24/07/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Un’intervista ad Asma Lamrabet, nota femminista islamica, dottoressa e anche scrittrice: ha da poco pubblicato il suo nuovo libro dal titolo “Venti domande e risposte sull’Islam e le donne da una prospettiva riformista”.

In qualità di fautrice di una teologia della liberazione, qual è il suo punto di vista sulle restrizioni operate a livello di libertà individuali?

AL: La teologia della liberazione si basa essenzialmente sulla liberazione e la dignità umane e quindi qualsiasi minaccia alle libertà individuali è una minaccia a questi due principi e va contro il principio della libertà di scelta, culmine di qualsiasi credo.

Cosa ne pensa del dibattito sul patrimonio che sta interessando il Marocco?

AL: Ad oggi, è un dibattito necessario e inevitabile, viste le profonde metamorfosi che vive la società. Ma a mio modesto parere, esso non andrà lontano senza riconsiderare il nostro approccio alla religione. Il patrimonio è una questione, tra le altre, che non sarà possibile arrestare se non si decostruisce la lettura dogmatica e patriarcale che mina tutto il pensiero islamico.

L’approccio per cui si usano i testi per dimostrare che le letture fatte sono arcaiche può cambiare qualcosa?

AL: Sì, esso può cambiare le concezioni in seno alla società, ma a condizioni che venga accompagnato da tutta una serie di riforme, come quella dell’istruzione, dell’insegnamento religioso, la riforma giuridica, nonché ovviamente delle riforme economiche e politiche. La dimensione della religione è importante e irrinunciabile nelle società come la nostra e resta trasversale a tutte le altre dimensioni socio-economiche e politiche.

Quale contributo apporta il femminismo islamico all’Islam moderato rivendicato dal Marocco?

AL: Uno dei contributi indiscutibili del femminismo islamico è quello di aver rimesso in questione il tema dell’interpretazione tradizionalista discriminatoria dei testi sacri. Criticando la tradizione religiosa patriarcale e la sua lettura politicizzata, il femminismo islamico rimette in discussione i fondamento socio-culturali delle ingiustizie contro tutti i marginalizzati, uomini e donne. Perciò, il femminismo islamico (almeno quello in cui mi riconosco) propone una terza via per l’Islam, a metà tra la modernità disumanizzata e una religione “despiritualizzata”, luogo di qualsiasi oppressione. Questa terza via è la giusta via di mezzo, un Islam che il Corano descrive come essere quello dell’esigenza di giustizia.

A volte viene accusata di rappresentare un femminismo islamico di Stato. Cosa risponde a questa critica?

AL: Mi rifiuto categoricamente di rappresentare un femminismo di Stato, soprattutto quando strumentalizzato ai fini di interessi meramente politici e che non serve assolutamente la causa della maggior parte delle donne, quelle che vivono in condizioni di precarietà socio-economica. Il femminismo nel quale mi inscrivo è prima di tutto un femminismo decoloniale, cioè un femminismo che rifiuta qualsiasi alienazione, ideologiche o geopolitiche. Si tratta di un femminismo che si vuole spirituale, ossia radicato a un’identità culturale, ma allo stesso tempo si vuole critico, ossia aperto e soprattutto inclusivo. È certamente un femminismo depoliticizzato, in quanto credo che la questione dei diritti delle donne prescinde qualsiasi appartenenza politica.

Saad Fkihi è uno studente di Scienze Politiche all’Università di Rabat.

Alice Ménager è una redattrice francese che si occupa di questioni sociali in Marocco.

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