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Da Yarmouk alla Ghouta, (soprav)vivere sotto assedio in Siria

douma Siria msf

Di Jehan Bseiso. CNN (25/08/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

In copertina l’esiguo staff medico rimasto a Douma (Ghouta orientale, sobborghi di Damasco) in una recente richiesta di porre fine alle violenze

La recente epidemia di febbre tifoide a Yarmouk è solo la “punta dell’iceberg” di una situazione sanitaria in peggioramento all’interno del campo palestinese: così si è espressa l’UNRWA. La lotta per la sopravvivenza nel campo di Damasco riecheggia nelle altre zone della Siria sotto assedio, circondate dal regime o da forze dell’opposizione. A Yarmouk, come nella Ghouta orientale e altrove, la scarsità di acqua, cibo ed assistenza medica è cronica. La Ghouta orientale, per esempio, è l’area più popolata in Siria con quasi un milione di persone. Gli abitanti subiscono bombardamenti e uno stato di guerra senza corrente elettrica centralizzata né fornitura d’acqua da quasi tre anni.

La gente attinge da pozzi improvvisati un’acqua che avrebbe bisogno di essere trattata prima di poter essere bevuta. Per generare elettricità e carburante si è pensato a soluzioni creative come usare turbine idriche, ricavare il metano da sterco animale e resti vegetali e bruciare plastica per estrarre prodotti combustibili. Si tratta di una situazione fuori dall’ordinario, in cui violenza e stato di guerra sono minacce sempre presenti. Medici Senza Frontiere (MSF) supporta 48 strutture sanitarie nelle aree assediate con medicine e materiali di consumo. Tutti questi ospedali da campo funzionano tramite generatori e l’acqua pulita è semplicemente non disponibile.

E gli stessi ospedali sono stati bombardati o quasi, in diverse occasioni. Nei mesi di caldo estivo sono aumentati i casi di pazienti con malattie legate ad acqua contaminata o infezioni intestinali. Per una popolazione intrappolata con bisogni sanitari in aumento, la scarsità di farmaci e le falle nell’assistenza medica sono continue. Migliaia di dottori, infermieri, dentisti, farmacisti e paramedici sono stati uccisi o sono fuggiti in Paesi vicini, lasciando un enorme vuoto a livello di esperienza. La vita quotidiana in Siria è una seria lotta e le attività mediche sono appese a un sottilissimo filo.

Solo porre fine agli assedi potrà consentire di far fronte a questa crisi montante. In mancanza di un supporto umanitario internazionale su vasta scala che sarebbe richiesto in Siria, sono reti di dottori ed attivisti civili che forniscono un’ancora di salvezza nell’assistenza alle proprie comunità. Queste reti possono e dovrebbero essere supportate in qualunque modo possibile.

Nelle parole di un dottore siriano sostenuto da MSF: “Ogni momento di ogni giorno sento che ne ho avuto abbastanza, ma non abbiamo altra scelta. La gente qui ha bisogno di noi. Hanno un bisogno disperato di ogni tipo di assistenza medica. Non possiamo dare loro un altro motivo che si aggiungerebbe al deterioramento di questa situazione già disastrosa”.

Jehan Bseiso è una consulente di questioni umanitarie per Medici Senza Frontiere che vive al Cairo.

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