Il mancato equilibrio tra identità nazionale e sovranazionale e lo storico fluttuare da un‘identità all’altra, che ha da sempre caratterizzato la politica irachena, rende impossibile la costruzione di una nazione. Un vuoto nazionalismo unito ad un ambiguo concetto di islamismo minaccia la sovranità irachena e la stabilità di ogni futuro governo
di Mohammad al-Ramihi, Asharq al-Awsat, (16/05/2020). Traduzione sintesi di Francesca Paolini
In molti hanno accolto con gioia l’attuale primo ministro iracheno Mustafa al-Kazimi, quando questo ha ottenuto la fiducia del parlamento dopo cinque mesi dalle dimissioni del governo di Adil Abd al-Mahdi, che sin dall’inizio aveva affrontato numerose difficoltà. Eletto ad ottobre 2018, Abd al-Mahdi ha presentato le sue dimissioni a dicembre 2019, ponendo fine al suo governo dopo solo un anno. Una situazione simile era facilmente prevedibile, considerando che il popolo iracheno è forse uno dei popoli più difficili da governare, ma non certo l’unico. La questione più problematica riguarda la mancanza, da parte delle élite arabe, di una visione completa e moderna dello stato-nazione nella costruzione delle istituzioni e degli strumenti per rispettarle, ovvero la mancanza di un giusto equilibrio tra identità nazionale e sovranazionale!
Come potrà Mustafa al-Kazimi portare a termine quattro anni di mandato alla luce della presenza di gruppi politici in conflitto tra la fedeltà alla nazione e quella ad un’identità sovranazionale? Il regime iracheno basato sul sistema delle quote ha permesso a molti di rivolgere la propria fedeltà verso l’esterno permettendo a questo di influenzare la situazione interna del paese.
Questa visione più ampia è evidente nella carriera politica dell’ex primo ministro Abd al-Mahdi che ha più volte cambiato identità, cominciando con quella baathista, passando poi a quella nazionalista, a quella di sinistra, di estrema sinistra, per finire in ultimo con quella islamista! Tutto ciò riassume l’evoluzione della scena politica irachena dalla fine della seconda guerra mondiale, una politica dominata dal modello “prova e sbaglia”, basato su una costruzione ambigua dell’identità (nazionale? nazionalista? religiosa?). Colui che arriva al potere diventa il solo a possedere la verità assoluta e tutti gli altri possono farsi da parte una volta che è stato deciso di legare la patria agli ambigui concetti di “nazionalismo” e “islamismo”.
Nella maggior parte delle teorie del partito Baath ritroviamo idee di ispirazione fascista che fiorirono, dopo la prima guerra mondiale, mischiate a discorsi idealisti quali “una sola patria, un messaggio eterno”. In seguito l’esercito prese il potere sostenuto da una mobilitazione collettiva sentimentalista che sapeva bene ciò che non voleva, ma non esattamente quello che voleva. In Egitto invece gli Ufficiali Liberi si allearono con i Fratelli Musulmani sin dall’inizio, cominciando il proprio governo seguendo il modello “prova e sbaglia” partendo con il socialismo e finendo poi, dopo la sconfitta del 1967, ad eliminare gli oppositori fuori e dentro la cerchia più ristretta, disprezzando i mezzi democratici moderni. L’esempio di Nasser è stato seguito dall’Algeria, dal Sudan, dalla Libia e dalla Siria, attraverso modalità differenti, ma in tutti i casi, ogni qualvolta il regime militare è entrato in una fase di stallo, è poi passato all’islam politico.
Le esperienze dei vari paesi hanno mischiato in modo pericoloso il patriottismo ad un’identità sovranazionale. Ancora oggi infatti non abbiamo una razionale teoria di governo dello stato-nazione arabo. Il tipo di governo presente oggi in Iraq come in altri paesi si aggrappa al cosiddetto “islam politico”, di cui la Turchia di Erdogan rappresenta per molti il massimo esempio. Ma il modello iracheno dimostra come sia fallimentare fare affidamento ad un’identità sovranazionale, come quella dell’islam politico settario. Lo sciismo, così come il sunnismo, nel momento in cui si avvicina alla politica si modifica ed entra in conflitto al suo interno. Tutte quelle correnti politiche che innalzano slogan settari per mobilitare il sostegno estero seguono regole regionali e claniche che non possono costruire delle nazioni.
Nell’Islam non c’è nessuna teoria politica. Cominciando con il libro di Abd al-Raziq “L’Islam e i fondamenti del governo” si è tentato di soffocare i principi dell’Islam, inserendoli in una stretta cornice politica isolazionista e non democratica, così come fecero i teorici dei Fratelli Musulmani; questi scritti non si allontano molto da quelli dei teorici del partito Baath o del nazionalismo arabo, come le pubblicazioni di Jihad ‘Auda o il più famoso Sayd al-Qutb o il più recente Rashid Ghannouchi. In tutti questi il lettore cercherà una metodologia razionale e delle regole generali per lo Stato moderno, ma troverà solo discorsi sentimentalisti e nessun discorso metodico. Attualmente la crisi di questo tipo di pensiero e di pratica è rappresentato dalla Repubblica Islamica e dai suoi tentativi di estendersi verso l’esterno per imporre il proprio controllo sulle identità vicine, che potranno quindi seguire una guida spirituale infallibile! Che santo governo!
Alla luce di tutto ciò, le possibilità per Mustafa al-Kazimi di concludere il proprio mandato sono evidentemente poche; per riuscirci avrebbe bisogno di dare all’ Iraq un’identità chiara e rendere il paese indipendente una volta per tutte, è forse possibile?
Mohammad al-Ramihi è un autore, ricercatore e professore all’università del Kuwait
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