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Cosa vuole Obama nel Golfo?

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Di Osman Mirghani. Asharq al-Awsat (21/04/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri.

In tutto ciò che è stato scritto e detto riguardo la visita di Barack Obama in Arabia Saudita e dei suoi colloqui con i capi di Stato del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), c’è accordo sul fatto che il presidente americano stia tentando di riallacciare le relazioni con i leader in questione.

La realtà è che sarà difficile che la breve visita ripristini il rapporto di fiducia che si era consolidato nel corso di lunghi decenni, incrinatosi durante il mandato di Obama, soprattutto il secondo. Le delusioni della sua politica nella regione corrispondono alle grandi speranze e aspettative che vi erano su di essa, dopo il suo famoso discorso tenuto al Cairo all’inizio della sua presidenza. Più importante ancora è il fatto che i paesi del Golfo e molti dei paesi arabi avvertono che l’amministrazione Obama ha girato le spalle alla regione mostrando la tendenza ad abbandonare i suoi alleati per cercarne di nuovi. Le politiche americane nell’epoca dell’amministrazione Obama sono state caratterizzate da esitazione e disagio di fronte alla primavera araba, ad esempio, come alle crisi siriana e libica, alla situazione in Iraq e alla questione palestinese.

Per quanto riguardo i paesi del Golfo, l’accordo sul nucleare iraniano ha inciso parecchio sulle relazioni con l’amministrazione americana, in particolare il fatto che Obama non si sia preoccupato della crescente polarizzazione regionale, che è diventata una guerra per procura su diversi fronti. Le dichiarazioni del presidente americano in varie occasioni non hanno fatto altro che confermare la scelta di una politica di “neutralità” e di non immischiarsi nei problemi della regione. La Casa Bianca vede forse negli incontri a Riyad l’occasione per fornire rassicurazioni e calmare le acque. Ma le aspettative restano limitate: tutte le parole di Obama durante questa visita non cambieranno il fatto che la sua amministrazione ha cercato di prendere le distanze dalle crisi della regione, e ha deciso di non intervenire se non per proprio interesse, prestando più attenzione a Cina e Corea del Nord, ad esempio.

I paesi del Golfo sono senza dubbio consapevoli dell’importanza delle relazioni con Washington, con cui condividono degli interessi nonostante le divergenze; resteranno dunque in attesa di ciò che accadrà dopo le elezioni presidenziali di novembre prossimo. Indipendentemente da chi vincerà, i paesi della regione sono però consapevoli di dover cercare un equilibrio tra i propri interessi e la diversificazione delle relazioni. Le priorità degli USA nella regione, anche se potrebbero cambiare con il nuovo presidente, forse non torneranno come prima, se si considerano anche le guerre che proseguono, la tensione con l’Iran e lo spettro del terrorismo, le oscillazioni dei mercati del petrolio e la crescente pressione economica.

Osman Mirghani è un giornalista che collabora regolarmente con il quotidiano panarabo Asharq al-Awsat, di cui è ex vice caporedattore.

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