Di Ali Anouzla. Al-Araby al-Jadeed (26/10/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri.
L’Algeria è un paese praticamente chiuso. Nessuno sa cosa succede al suo interno, raramente si trovano nei media internazionali notizie al riguardo, e gli eventi politici interni giungono all’opinione pubblica estera in ritardo o incompleti.
Così leggiamo oggi la notizia delle dimissioni del segretario generale del Fronte della Liberazione Nazionale (il partito al potere), Amar Saadani, per motivi, secondo la versione ufficiale, di salute. Tre anni fa, quando ottenne la carica, egli fu descritto come un uomo del regime forte che aveva spodestato la supremazia dei servizi segreti, considerati i “creatori di presidenti”. Ironia della sorte, Saadani si è dimesso o è stato allontanato per motivi di salute, mentre il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika – 79 anni, al potere da 17, colpito 3 anni fa da un malattia che l’ha reso disabile – continua tuttavia a governare.
Prima della notizia delle dimissioni di Saadani, un anno fa era giunta la notizia del licenziamento di generali di alto livello nei servizi militari e di intelligence. Anche in questo caso, l’opinione pubblica interna o esterna non sapeva cosa stesse succedendo? A parte la minoranza che circonda il presidente, guidata da suo fratello e dal consigliere presidenziale e capo del suo ufficio, Ahmed Ouyahia, nessuno in Algeria sa esattamente chi prende le decisioni e chi governa. L’anno scorso alcune personalità eminenti hanno chiesto di incontrare il presidente, per assicurarsi delle sue capacità di governare, ma la loro richiesta è stata rifiutata. Secondo gli osservatori stranieri, è in corso un “golpe soft” per trasferire il potere dopo la dipartita di Bouteflika, o estrometterlo prima della fine del suo mandato, come è accaduto all’ex presidente tunisino, Habib Bourguiba.
Ma in Algeria la situazione è opposta, poiché un gruppo vicino al presidente malato ha licenziato il capo dell’intelligence prima del tempo, così come ha allontanato alcuni capi militari dalle posizioni di potere e arrestato altri. Il paese è stato fin dall’indipendenza controllato da una coalizione militare e di intelligence. Ma sembra che oggi qualcuno cerchi di indebolire questa alleanza: licenziamenti e dimissioni sono solo un riflesso della lotta di potere. E non è possibile prevedere come finirà, mentre è certo che la legittimità del sistema politico viene erosa giorno dopo giorno.
Se si considera la difficile situazione economica attuale dell’Algeria, dovuta al calo dei ricavi dalla vendita di petrolio e gas, e l’emergere di alcuni dei conflitti settari, etnici, linguistici, la corruzione dilagante e alto tasso di disoccupazione, il futuro diventa difficile in presenza di un sistema politico debole, infestato da conflitti per l’influenza e la supremazia.
In una situazione del genere, la probabile reazione del potere per evitare la possibilità di rivolte sociali sarà un maggiore uso della violenza. Ma quanto tempo potrà continuare l’autorità a governare il paese con il pugno di ferro, prima di giungere ad un’esplosione, che al momento è però esclusa, poiché il comando del paese avviene da dietro una tenda e da parte di persone impegnate in guerre tra di loro, che lasciano di fatto il loro paese al proprio destino?
Ali Anouzla è uno scrittore e giornalista marocchino, direttore del sito Lakome.com.
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