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Cosa implica la neutralità delle agenzie umanitarie a Yarmouk?

Yarmouk

Di Brent Eng e José Ciro Martinez. Al-Jazeera America (05/05/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

Mentre i palestinesi di Yarmouk affrontano gli attacchi coi barili-bomba da parte del regime di Assad da un lato, e Daesh (ISIS) dall’altro, è poca l’attenzione rivolta al ruolo che riveste l’insistere da parte delle Nazioni Unite sul principio di neutralità rispetto all’intervento umanitario nel facilitare la crisi del campo. L’ONU e altre organizzazioni devono ancora riconoscere il loro ruolo nell’alimentare i successi del regime di Assad basati sull’assedio.

Eppure, come indicano documenti ufficiali dell’ONU, tagliare rifornimenti di cibo alle zone controllate dai ribelli compreso Yarmouk e incanalare la maggior parte degli aiuti umanitari verso zone approvate dal governo ha reso il regime – citando John Hudson su Foreign Policy – “l’unica fonte di cibo per il sostegno vitale su cui contare”.

A Yarmouk, l’ONU e i suoi partner locali non hanno voluto violare la sovranità della Siria entrando nel campo senza l’approvazione di Assad. Al contrario, affidano al regime la decisione di distribuire aiuti a coloro che vivono sotto il suo assedio. Gli aiuti umanitari alimentari sono la fonte primaria di sostentamento per gli abitanti del campo, ma vi entrano solo a singhiozzo.

Le forze di governo si dispiegano ai checkpoint attorno alle aree assediate e vietano espressamente ai civili di accedere a beni di prima necessità come cibo, acqua e medicine. La strategia di Assad a cui alcuni si riferiscono come “morire di fame o arrendersi” è stata cruciale per il suo successo politico in quartieri-chiave controllati dai ribelli e nelle città siriane.

Le agenzie umanitarie non sono riuscite a problematizzare il loro ruolo nelle dinamiche in tempi di guerra. Portando risorse esterne in situazioni di vita o di morte caratterizzate dalla scarsità, le agenzie umanitarie hanno indirettamente esacerbato la stessa situazione che stanno cercando di migliorare. Con questo non si vuole certo insinuare che tutti gli aiuti umanitari dovrebbero essere unilateralmente ritirati.

Gli aiuti umanitari possono essere emancipatori o profondamente regressivi, a seconda del loro contesto politico. Ma tutte le parti interessate dovrebbero discutere e dibattere le loro decisioni: qualcosa che la lingua della neutralità non consente. Obbligate, esposte a pressioni o devote alla neutralità come principio morale incontrovertibile o posizione pragmatica, molte agenzie umanitarie non riescono a vedere la politica che si sforzano così tanto di evitare.

Invece di sbrogliare gli aiuti dalla politica, questo principio oscura le decisioni altamente politiche che la distribuzione di aiuti comporta. Purtroppo, i civili di Yarmouk e chi si trova nelle zone controllate dai ribelli continueranno a soffrire per mano del regime finché le agenzie umanitarie non riconoscano, mettano in discussione e modifichino il loro ruolo rispetto a quanto sta accadendo in Siria.

Brent Eng è un giornalista freelance che scrive di Siria.

José Ciro Martinez è dottorando in Politica e Studi Internazionali all’università di Cambridge.

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