di Grit Friedrich (Qantara.de 28/09/2012). Traduzione di Claudia Avolio.
Levent Akman e Murat Ertel siedono vicini in un caffè di Istanbul, a due passi dal mercato del pesce di Besiktas, e filosofeggiano sul loro ultimo album. Un lavoro che celebra il sound multiculturale di Istanbul, fatto di una musica che prende le mosse dalla tradizione ma resta aperta al dinamismo della città. Come dice Akman “Le radici sono importanti per noi – le stesse di cui i sostenitori della globalizzazione vogliono disfarsi. Ma le differenze sono una cosa buona, perché popoli e culture non sono tutte uguali, e non devono esserlo”.
Soundtrack di una città
I BaBa Zula sono nati più di 15 anni fa, con un pezzo per un film turco. La soundtrack per Tabutta Rövasata (Capriola in una Bara) è diventata una hit, aprendo la strada a un nuovo stile della musica turca: l’oriental dub. Allora, quasi tutto era improvvisato. In studio o sul palco, la band non aveva idea di dove il loro viaggio li avrebbe condotti, dice Murat Ertel, che suona uno strumento turco a corde chiamato saz. Il collettivo dei primi giorni della band si è trasformato in un trio ufficiale che riceve parecchio sostegno da altri musicisti.
In due tracce del loro ultimo album, il musicista francese Titi Robin si è unito a loro alla chitarra e al ‘oud, un tipo di liuto. Anche Dr. Das – bassista degli Asian Dub Foundation – e il duo di Berlino dal nome Alcalica, hanno partecipato al progetto. La mente del gruppo, Ertel, ha poi scovato una nuova cantante per dare una voce alle tracce: Elena Hristova, di Skopje (Macedonia), conosciuta dai suoi per la band Baklava. “Visto che il retaggio musicale turco è così ampio, la maggior parte dei nostri cantanti si concentra su un solo genere. Molti non sono aperti all’occidente,” commenta Ertel, “Ma Elena è diversa. Ecco perché siamo stati così felici di lavorare con lei”.
A casa in un “Gecekondu”
Il nuovo album dei Baba Zula si intitola “Gecekondu”, un termine usato in Turchia per riferirsi a dei campi abusivi costruiti ai margini delle grandi città come Istanbul o Ankara. Queste baraccopoli sempre più presenti, tirate su con i materiali più semplici, sono divenute dimora per molti nuovi arrivati che cercano di fare la propria fortuna nei centri urbani. Si potrebbe obiettare che c’è più dignità e bellezza nei gecekondu di quanta ce ne sia nei lussuosi quartieri finanziari che ora stanno conquistando le leggendarie aree interne di Istanbul. Un esempio è il quartiere storico situato all’ombra del muro bizantino della città, conosciuto come Sulukule, che è stato quasi completamente raso al suolo. La band si oppone all’imborghesirsi di Istanbul, come spiega Ertel. “Il nuovo album narra la vita urbana. Si tratta di una musica piuttosto personale, saldata a questa città.
Ci sono immagini di una giungla d’asfalto e di una casa che è stata costruita in una città. Noi sosteniamo sempre quelli che non hanno potere”. Dopo una pausa in cui ci pensa un po’ su, Ertel aggiunge: “Preferisco la musica folk alla musica classica turca, perché il folk è sempre stato la musica della ribellione contro il sultano ed il palazzo. La musica classica turca si occupava solo d’amore”. “Gecekondu” si addentra nei meandri di ere e culture, una sorta di passeggiata attraverso Istanbul. I Baba Zula si tengono in equilibrio tra la club music e le sonorità antiche, con Murat Erkel che suona il suo saz amplificato elettricamente, donandogli un’anima ribelle. La musica che ne viene fuori è elettronica e fatta di percussioni, con un certo gusto per lo psichedelico.
I BaBa Zula dal vivo
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