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Assad minaccia la Francia

assadDi Randa Taqi A-Din (Al-Hayat 04/09/2013)

Traduzione e sintesi di Omar Bonetti

Lo scontro tra Bashar Al-Assad con il giornale francese “Le Figaro” non fa altro che richiamare nuovamente l’attenzione sul suo atteggiamento negazionista. Il presidente siriano critica la Francia, accusandola di aver perso la sua indipendenza ed essere soggetta alle politiche americane, proprio in un momento in cui il suo regime non può sopravvivere senza l’appoggio della Russia, dell’Iran e di Hezbollah. Dall’attacco nell’estate del 2012 in cui sono rimasti uccisi dei capi di sicurezza a Damasco, tra cui il cognato di Assad (ed allora Ministro della Difesa) Assef Shawkat, la Guardia della Rivoluzione iraniana ha assunto la guida dei combattimenti in Siria, incapace di sostenersi da sola. Infatti, anche il partito Hezbollah è stato costretto a mandare i suoi membri, anche minorenni, a immolarsi in Siria per conto del regime e contro la volontà delle loro famiglie.

Assad parla della sottomissione francese all’America in un momento in cui la sua sopravvivenza è legata all’Iran e alla Russia. Le minacce di colpire gli interessi francesi nel caso di partecipazione alle operazioni militari ricordano le intimidazioni che il presidente siriano aveva indirizzato all’ex premier libanese Rafiq Hariri, durante il loro ultimo incontro a Damasco, e a Jacques Chirac.

Da due anni il presidente siriano piega e colpisce il suo popolo con razzi “Scud” che la Russia gli ha fornito, e da due anni Mosca e Teheran bersagliano l’innocente popolo siriano senza che nessuno li abbia mai frenati. Ora, Assad minaccia la Francia considerandola un minuscolo paese, inconsapevole di poter subire operazioni criminali e terroristiche senza il bisogno d’essere intimorita.

L’Occidente è fragile poiché la presidenza americana è debole e ha esitato nei confronti delle dittature e del terrorismo. Analogamente, non c’è dubbio che anche la Gran Bretagna abbia gettato confusione sui piani d’intervento. Infatti, David Cameron è stato costretto a riconsiderare la possibilità di un attacco coordinato, scatenando il risentimento dell’amministrazione americana per non aver ben preparato il Primo Ministro inglese e il suo Parlamento. Ora, Obama considera per la prima volta l’opinione pubblica (che è perfettamente inconsapevole di quello che sta accadendo in Siria: l’americano medio ignora dove questo Stato si trovi sulla cartina geografica). Inoltre, non è mai stato risoluto nell’organizzare precedentemente alcuna operazione militare, salvo che la linea rossa, l’attacco con armi chimiche, fosse oltrepassata. Perciò, non vi è alcun dubbio che il rifiuto della Gran Bretagna abbia contribuito sia a ritardare l’attacco sia a chiedere il voto al Congresso. Non solo, non c’è dubbio che François Hollande, in prima fila per punire il regime siriano per aver utilizzato armi chimiche, non intervenga da solo senza il sostegno dell’Europa e senza gli Stati Uniti, di cui è rispettivamente membro e prezioso alleato.

Il presidente francese spera che l’attacco al regime siriano, che è stato ritardato, se non rimandato a data da destinarsi a causa del Congresso, avvenga il più velocemente possibile,. Inoltre, il G20 in programma a San Pietroburgo potrebbe cambiare la sorte del conflitto se si raggiungesse un accordo tra Obama, Putin, Hollande, Cameron, Merkel e le autorità dell’Arabia Saudita riguardo a un governo di transizione in Siria e a una nuova Conferenza di Ginevra. Comunque, anche se possibile, quest’evenienza sarebbe improbabile, se la Russia percepisse una decisa determinazione americana di sferrare un attacco al regime di Assad. Del resto, Putin è un presidente oppressivo come quello siriano e per attendere un nuovo orientamento Obama dovrà presentargli qualcosa di concreto.

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