Dentro l'arabo I Blog di Arabpress Siria

Ascoltiamo ancora Yarmouk, ci sta dicendo molto

In copertina un’immagine realizzata dal comitato Al-Khayriya per la campagna di aiuti “Torneremo”

al-hisar, l’assedio: Nella sua forma totale, prosegue da oltre 10 mesi e mezzo.

Un albero nella strada principale del campo, dopo i bombardamenti (Yarmouk Camp News)
Un albero nella strada principale del campo, dopo i bombardamenti (Yarmouk Camp News)

al-qasf, i bombardamenti: Il campo è stato raggiunto da pesanti colpi d’artiglieria il 02 giugno da parte delle forze del regime siriano che hanno causato la morte di almeno 3 persone: Khaled Amura, Alaa Naser e Firas Fantaziyeh, ed il ferimento di diversi abitanti. Almeno 9 di loro sono stati trasportati all’ospedale “Palestina” – l’unico dei tre ospedali che fino a qualche mese fa era rimasto attivo e che ha dovuto comunque interrompere le attività per la mancanza di risorse sia mediche che di elettricità per mandare avanti i macchinari. Yarmouk Camp News ha diffuso la foto di un albero sradicato commentando: “Perfino gli alberi non ce l’hanno fatta a sopravvivere al bombardamento di oggi”. Il campo ha continuato ad essere colpito anche il 03 e il 04 giugno.

Hamze e Amana, arrestati al checkpoint del campo
Hamze e Amana, arrestati al checkpoint del campo

al-i’tiqalat, gli arresti: Il 29 maggio il regime ha arrestato una madre coi suoi bambini mentre stavano rientrando nel campo da Beit Sahm, passando per il checkpoint principale. La foto che ritrae la piccola Amana (2 anni e mezzo) e il piccolo Hamze (7 anni), tratti in arresto insieme alla madre, è stata commentata così da Abdallah, un ragazzo del campo: “Forse la nostra voce non è in grado di porre fine al loro arresto, ma questa stessa voce almeno non lascia il loro padre a piangere da solo. Vogliamo i nostri bambini e la loro madre. Fratello (rivolto al padre dei piccoli), perdonaci perché le nostre mani sono corte…”. Le persone hanno paura di essere arrestate anche quando sono in fila per ricevere gli aiuti umanitari, perché ciò non è pratica infrequente.

al-shuhada’, i martiri: Nel corso dell’evento presso l’ONU di ieri 05 giugno dal titolo La Vita Sotto Assedio – La Fame come Arma di Guerra il giornalista e ricercatore indipendente di Yarmouk ora negli Stati Uniti, Nidal Bitari, ha fornito il dato di circa 200 persone che nel campo sono morte per la fame. Si muore anche per altri motivi legati all’assedio come la mancanza di assistenza medica.
Aggiornamento 07/06/2014: Dai dati diffusi oggi da Germano Monti che dal suo blog Vicino Oriente segue la situazione in Siria (e non solo) con particolare sensibilità verso i palestinesi, emerge che le vittime palestinesi della fame e della mancanza di cure mediche a Yarmouk sono 149. Vi invito a leggere il suo post nel dettaglio, con fonte Quds Press.



al-ta’dib
, la tortura:
La Lega palestinese per i diritti umani in Siria (PLHR/S) – co-fondata a suo tempo dallo stesso Nidal Bitari e oggi guidata da Alaa Aboud – ha registrato il 24 maggio la morte sotto tortura nelle carceri del regime siriano di Mousa Abo Essa, ragazzo di Yarmouk. La PLHR/S documenta le dahaya al-ikhtifai alqasri cioè le vittime di sparizione forzata non solo a Yarmouk ma di tutti i rifugiati palestinesi in Siria, e fino al 26 maggio tale cifra aveva raggiunto le 188 persone.

Il rientro degli studenti nel campo dopo gli esami (Mokhayyam al-Yarmouk News)
Il rientro degli studenti nel campo dopo gli esami (Mokhayyam al-Yarmouk News)

al-tullab, gli studenti: Dopo essere potuti uscire per sostenere gli esami, il 30 maggio un gruppo di 120 studenti sono tornati nel campo di Yarmouk. La BBC ha ripreso le immagini della loro uscita durata due settimane. Uno dei ragazzi intervistati da Lyse Doucet nel servizio, Khaled (15 anni) ha detto: “Ogni giorno di scuola ci siamo messi una mano sul cuore perché sono morte così tante persone. Ma insistiamo per frequentarla – certo, siamo spaventati – ma dobbiamo continuare: se perdiamo il nostro futuro, nessuno sarà in grado di aiutarci”. Tra gli attivisti locali si è parlato di almeno uno degli studenti arrestato proprio mentre usciva dal campo e delle “difficili condizioni” affrontate dall’intero gruppo che ha dovuto vivere nella scuola dove si sono svolti gli esami. Le foto degli abbracci coi loro cari al rientro nel campo non hanno bisogno di commenti.

La terra trasportata dalla fondazione Bassmeh dietro l'ospedale "Palestina"
La terra trasportata dalla fondazione Bassmeh dietro l’ospedale “Palestina”

al-zira’a, la coltivazione: Una bellissima iniziativa dedicata all’agricoltura è stata pensata per il campo. Tra i gruppi coinvolti c’è la fondazione Bassmeh (Impronta), che descrive la natura dell’iniziativa ideata per “dare sostegno a piccoli progetti agricoli nel campo“. Un servizio di Quds Tv Sat ha ripreso le immagini delle belle coltivazioni. Il titolo dice “La gente nel campo di Yarmouk (cerca di) superare la fame con l’agricoltura”: sono già cresciute delle zucchine, e anche se non sono sufficienti a coprire l’intero bisogno nutrizionale degli abitanti, restano di alto valore simbolico.

tawzi’ al-musa’adat, la distribuzione degli aiuti umanitari: La fondazione Jafra ha avviato una campagna dal 23 al 27 maggio in cui ha distribuito aiuti alimentari, materiali didattici e per l’igiene. Il comitato a scopo benefico Al-Khayriya per il sostegno al popolo palestinese ha poi dato il via il 28 maggio alla campagna Rajeen (Torneremo) in cui ha distribuito pacchi con aiuti, pane, latte e pannolini.

"Perché noi crediamo nel campo, TORNEREMO, non prolungheremo l'assenza" (comitato Al-Khayriya)
“Perché noi crediamo nel campo, TORNEREMO, non prolungheremo l’assenza” (comitato Al-Khayriya)

Uno dei motti principali è stato “Perché noi crediamo nel campo il nostro bene non si limita a una scatola (d’aiuti)“. Giovedì 5 giugno è iniziata una campagna europea dal nome Al-Wafa’ (Lealtà) per distribuire agli abitanti frutta e verdura: nel primo giorno sono state distribuite circa 500 cassette.

al-ma’, l’acqua: “L’unica risorsa che il governo di Assad non è riuscito a intaccare è l’acqua. L’acqua arriva a Yarmouk da due fonti: la prima è la fornitura idrica che viene da Ain al-Fijah (Damasco nordovest) e la seconda è la serie di pozzi nelle aree del campo sotto il controllo dell’opposizione. Ma gli esseri umani non possono vivere solo d’acqua”: così scriveva Salim Salamah per Carnegie Endowment solo un mese fa, il 29 aprile scorso. Ora si è arrivati a un punto in cui anche l’acqua è stata pesantemente tagliata: sono 8 giorni che l’acqua manca in gran parte delle aree del campo, mentre in diversi punti arriva con una pressione molto debole. Non sono state date spiegazioni agli abitanti del fatto che il 75% del flusso d’acqua che giungeva a Yarmouk è stato ora interrotto.

Mentre cerca nuove modulazioni per far arrivare la sua voce, Yarmouk parla: noi proviamo ad ascoltarlo ancora.

Claudia Avolio