L’Orient-Le Jour (13/10/2018) Traduzione e sintesi di Katia Cerratti
Progetti congelati, come quelli del miliardario britannico Richard Branson, e disamore a cascata per la Davos del deserto, tanto cara a Mohammad Bin Salman. L’affaire Khashoggi ha raffreddato ieri gli ardori del mondo degli affari, quel mondo che appena un anno fa si entusiasmava per i faraonici progetti economici del principe ereditario. Anche il Financial Times ha infatti aggiunto il suo nome all’elenco dei media partner che hanno deciso di disertare la seconda edizione del summit Future Investment Iniziative, prevista dal 23 al 25 ottobre a Riad. Prestigiosi partner come il New York Times e The Economist, avevano già ritirato il loro sostegno a questa conferenza, vetrina del faraonico piano Vision 2030 dell’Arabia Saudita, che dovrebbe trasformare il più grande esportatore mondiale di petrolio in un gigante tecnologico e turistico.
Anche Il capo di Uber, Dara Khosrowshahi, non andrà più a Riad, ‘a meno che, – ha affermato- emergano una serie di fatti considerevolmente differenti sulla scomparsa del giornalista saudita”. Lo riferisce l’agenzia Bloomberg, a sua volta partner dell’evento. Il fondo sovrano saudita aveva investito 3,5 miliardi di dollari nel 2016 nella società VTC. Il gigante tedesco Siemens, con a capo Joe Kaeser, anche lui invitato al summit, per il momento non ha ancora annullato la sua partecipazione ma il gruppo ha fatto sapere che “stava monitorando la situazione da vicino”. Sul suo sito web, Future Investment Initiative ha annunciato la presenza del capo del Fondo monetario internazionale (FMI) Christine Lagarde, il capo della grande banca statunitense JP Morgan, Jamie Dimon, cosi come quella del segretario americano del Tesoro, Steven Mnuchin. Sul versante francese, vengono annunciati i dirigenti di BNP Paribas, Société Générale, Thales, EDF e AccorHotels. “Gli investitori hanno troppi interessi per arrabbiarsi con i Sauditi” – ridimensiona tuttavia il vice direttore del think tank francese, Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS), Didier Billion – “Quello che può succedere – continua – è che le aziende saranno rappresentate ma a un livello inferiore rispetto ai loro dirigenti centrali’.
Intanto, anche il miliardario britannico Richard Branson, fondatore del gruppo Virgin, che tanto entusiasmo aveva mostrato per la prima edizione della Davos del deserto, ha annunciato la sua decisione di congelare molti progetti di business con il regno. L’Arabia Saudita gli ha dato un posto di consigliere turistico e gli ha promesso di investire 1 miliardo di dollari nei suoi progetti di turismo spaziale.
Gli Stati Uniti, tradizionali alleati di Riad, hanno chiesto spiegazioni all’Arabia Saudita ma Trump ha comunque fatto sapere che non congelerà la vendita delle armi americane al Paese di Bin Salman come punizione, perché’ ‘i sauditi spendono 110 miliardi di dollari in attrezzature militari e in cose che creano posti di lavoro (…) in questo paese. Non mi piace l’idea di mettere fine a un investimento di 110 miliardi di dollari negli Stati Uniti ‘– ha affermato in un discorso tenuto giovedì scorso alla Casa Bianca.
In ogni caso, l’atmosfera si è singolarmente raffreddata dopo l’edizione 2017 della Davos del deserto. La posta in gioco va ben oltre il prestigio: Mohammad Bin Salman ha bisogno di far salire i grandi capi a bordo del suo ambizioso programma economico e deve convincere gli investitori ad accogliere la commercializzazione del 5% del colosso petrolifero Aramco, che potrebbe fruttare poco meno di 100 miliardi di dollari secondo Riad. Questa mastodontica operazione, è stata però posticipata alla fine del 2020.