di Tariq Alhomayed (Asharq AlAwsat 25/09/2012). Traduzione di Claudia Avolio.
Un’importante storia, che non sorprende, è stata pubblicata di recente dal nostro giornale, riportando le parole del New York Times. La storia ha rivelato che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva provato a convincere il presidente iracheno Jalal Talabani a rinunciare al proprio incarico in favore di Iyad Allawi. Questo dopo le elezioni irachene che avevano visto vincere Allawi con un piccolo margine rispetto a Nuri al-Maliki, che è comunque diventato poi primo ministro. L’importanza di questa storia risiede nel fatto che mostra come l’amministrazione americana si sia occupata in modo blando del futuro dell’Iraq, dopo che l’aveva invaso per rovesciare il regime di Saddam Hussein. Al contempo mostra che il presidente Obama non ha mai creduto che Maliki potesse essere il primo ministro di tutti gli iracheni, ma piuttosto “con Allawi – sciita secolarizzato e leader di un blocco con ampio supporto sunnita – l’amministrazione Obama deve aver pensato che l’Iraq avrebbe avuto un governo più inclusivo e avrebbe tenuto sott’occhio la preoccupante deriva verso l’autoritarismo del primo ministro Nuri Kamal al-Maliki”, come riportato dal New York Times.
Questo è stato provato da eventi successivi in Iraq, soprattutto dal processo a carico di Tariq al-Hashemi e la sua sentenza di morte. La storia mostra anche con quanta leggerezza l’attuale amministrazione Obama si sia occupata di Iraq, e solo per mantenere la promessa della sua campagna elettorale di rimuovere le sue truppe dal Paese. Questo ha portato l’Iraq nel suo insieme a ritrovarsi sotto l’influenza dell’Iran, ed è ciò che sta accadendo ora. L’importanza della storia, certo, non si limita a questo, perché sembra che lo scarso interesse degli Stati Uniti nel gestire la situazione in Iraq sia più serio di quanto credessimo. Washington ha fallito nel correggere un errore fatale in Iraq – le quote politiche settarie – quando ha proposto una figura politica sciita per la presidenza: Iyad Allawi. A questo punto devo fare luce su un punto importante. Allawi è, per me, molto distante dal settarismo ed ogni altra forma politica di riduzionismo, ma con le tendenze politiche settarie nella nostra regione è costantemente esposto al rischio di assassinio, ed è una minaccia che gli è già stata rivolta in passato. Si potrebbe ribattere che i curdi non hanno il diritto esclusivo alla presidenza, e che una figura irachena sciita potrebbe assumere l’incarico, ma di certo il ruolo dell’Iran viene qui a giocare un ruolo di primo piano.
Se Allawi fosse presidente, tutti coloro che si oppongono si schiererebbero con l’Iran a Baghdad e gli ricorderebbero che è uno sciita, riducendo di fatto l’Iraq nel suo insieme ancora una volta alla politica settaria. Qui vediamo l’ingenuità dell’America, soprattutto perché a questo punto c’è stata anche una proposta che avrebbe visto Allawi come presidente del parlamento. Ho scritto qui mettendo in guardia da questa idea perché significherebbe giustificare l’invasione sciita in tutte le cariche dell’Iraq, il che significa – stando all’influenza iraniana nel Paese – che gli alleati di Tehran controllerebbero ogni posizione dell’Iraq. Questa è un’eventualità che non può essere esclusa per il futuro, e potrebbe tornare a sollevare la testa con la vicina caduta del tiranno di Damasco, Bashar al-Assad. Dunque, l’importanza di questa storia risiede nel fatto che essa mostra come l’attuale amministrazione degli Stati Uniti abbia preso alla leggera l’Iraq, seppur riconoscendo il pericolo di al-Maliki, e sapendo che Baghdad diverrebbe un luogo controllato dall’Iran. Ciò che spaventa di questa storia è che sembra non siano solo i repubblicani ad aver consegnato l’Iraq all’Iran: sono stati perfino i democratici!