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Algeria: un regime salafita in fieri?

Di Michel Gourd. Le Matin dz (22/12/2014). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.

Il clan del presidente algerino Abdelaziz Bouteflika è occupato solo ad alimentare il proprio potere, nonostante le capacità motorie notevolmente ridotte del capo di Stato. Nessun problema per Amar Saadani, segretario generale del Fronte di Liberazione Nazionale (FNL), che obietta l’integrità delle capacità cognitivo-razionali di Bouteflika. Affermazioni peraltro non verificabili (né falsificabili) dai cittadini, visto che il presidente non tiene discorsi pubblici. Ecco dunque il paradosso di un Paese giovane guidato da un convito di decrepiti, la cui età media è di 76 anni.

Ora che il regime vacilla, le pratiche utilizzate dal Gruppo Islamico Armato (GIA) tornano a far capolino. Dalla sua pagina Facebook, Abdelfatah Hamadache Ziraoui, capo del Fronte del risveglio islamico salafita, ha invitato le autorità algerine a condannare a morte e giustiziare sulla pubblica piazza lo scrittore Kamel Daoud. La fatwa emanata contro di lui parla di apostasia. Inutile osservare che si è oltrepassato il segno. Non si tratta di un gesto isolato, ma dello stesso copione della campagna di intimidazione della portavoce del movimento della società civile Barakat, Amira Bouraoui. Questa campagna, come probabilmente la fatwa contro Daoud, ha fatto buon gioco al clan Bouteflika, che intanto invece di garantire una transizione pacifica del potere ha privato il suo vero rivale Ali Benflis della possibilità di fondare un partito. Un fatto che ha reso impossibile conquistare credibilità tra i cittadini.

Il fatto che più rappresenta l’attuale situazione politica è l’impunità di cui gode chi ha emanato la fatwa contro Daoud, Abdelfatah Hamadache Ziraoui, nonostante la petizione che esortava i ministeri degli Interni e della Giustizia a prendere urgentemente provvedimenti. Le autorità algerine invece non hanno neanche espresso verbalmente la loro condanna, né hanno dimostrato solidarietà per lo scrittore. Ora gli integralisti islamici si sentono intoccabili, il messaggio è chiaro: il regime non protegge il popolo, ma protegge solo se stesso. L’espressione più bassa della realpolitik, che in questa fase purtroppo non riguarda solo l’Algeria. 

Le manifestazioni di indignazione si sono intanto moltiplicate all’estero, dove in molti hanno definito inaccettabile che sfruttando la religione Hamadache abbia infangato non solo la società, ma anche Dio, il suo profeta, il Corano e i valori più sacri dell’islam. Molti tra gli stessi musulmani si sono sentiti insultati da un simile rifiuto degli aspetti pacifici della loro religione, pur praticati dalla maggioranza di chi vi aderisce. Alcuni hanno addirittura osservato che è Hamadache ad essere suscettibile dell’accusa di apostasia e punibile con la pena di morte. Bisogna forse chiedere ai musulmani veri, pacifici e rispettosi del dissenso, di adottare misure integraliste per sconfiggere uno che dell’integralismo si è autoproclamato paladino? È di certo un’opzione sconsigliabile. Basta dire soltanto che chi combatte gli onesti con la spada deve temere la penna dei giusti.

Michel Gourd è redattore e opinionista di Le Matin dz.

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