Di George Samaan. Al-Hayat (22/06/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.
Quanto avvicina o separa l’Arabia Saudita alla Russia o viceversa non è certo da sottovalutare, soprattutto alla luce dei recenti contatti tra le due parti. Gli ultimi incontri tra Riyad e Mosca rappresentano una nuova fase nel quadro strategico regionale e internazionale, al pari di quanto avvenuto tra Washington e Teheran per l’accordo nucleare.
Anche se tale scenario non sembra capovolgere in maniera pericolosa la mappa delle relazioni politiche e non tra gli Stati, porrà dei limiti ai caratteri fondanti il futuro regime in Medio Oriente. Il recente avvicinamento tra Arabia Saudita e Russia, sebbene non si configuri come un’annessione completa tra le due parti, ne rappresenta comunque un inizio. O meglio, un avvertimento per Washington e Teheran.
Infatti, qualora lo storico alleato americano non fosse più in grado di soddisfare le richieste del Golfo o dissipare le preoccupazioni e i timori della regione, l’Arabia Saudita potrà contare su numerosi altri sostituti, tanto in Europa che in Oriente. E tra questi il presidente francese François Hollande e di recente la Russia di Putin.
Alla luce dell’accordo nucleare tra Stati Uniti e Iran, e per timore di un maggior riconoscimento della potenza iraniana, la Russia si apre a nuovi mercati, per compensare le perdite dovute all’emanazione di sanzioni occidentali in seguito alla crisi in Ucraina.
La vediamo oggi dirigersi verso la Cina, l’India e il Brasile, ma è soprattutto la premura nei confronti degli Stati arabi, o meglio degli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) ad acquisire una certa considerazione. La Russia è consapevole del ruolo che l’Arabia Saudita ricopre sul mercato mondiale, nel campo dell’energia e nella regolamentazione dei prezzi del petrolio. La cooperazione e il coordinamento tra i due Paesi favorirà “un’alleanza petrolifera” nell’interesse degli stati produttori, del mercato internazionale e della sua stabilità. Da non dimenticare anche la sua importanza politica. Il regno saudita è in grado di amministrare i conflitti nella regione e dettare le regole del gioco politico e militare nello scontro con le altre grandi potenze regionali. Per lo più, esercita un’influenza religiosa, e si è conquistata una poltrona tra le altre 20 potenze mondiali, oltre alla sua posizione geostrategica. Quindi, Mosca mira a difendere i suoi interessi in Medio Oriente e lo testimonia, sul piano politico, una convergenza di opinioni con il regno saudita circa l’Egitto di El Sisi e la Giordania.
D’altro canto, però, tale avvicinamento non sottintende una sottomissione di una delle due parti a favore dell’altra, a spese di un capovolgimento della mappa geopolitica mondiale. La Russia infatti non ha partecipato alla missione saudita in Yemen; non ha mai cambiato la sua posizione dinanzi alla crisi siriana e al suo dichiarato appoggio al regime di Assad. Di recente, l’escalation di violenza operata da regimi quali Daesh (ISIS) e altre fazioni terroristiche, nonché il timore di un’allargamento del loro raggio d’azione negli stati dell’Asia centrale, spazio vitale per la sua sicurezza, hanno spinto la Russia verso l’approvazione e partecipazione ad un piano anti-terroristico che coinvolge anche il regno saudita. Entrambi si preparano alla ricerca di un possibile sostituto, di stampo moderato, al regime siriano, contro le mire espansionistiche dell’Iran tanto in Siria, quanto in Iraq e Yemen.
Per concludere, né la Russia vuole sacrificare i suoi legami con l’Occidente, o allontanarsi dall’Iran, né tantomeno l’Arabia Saudita è pronta a dire addio ad un alleato storico quale quello statunitense. Al Golfo non resta quindi che attendere la risposta di Washington e Teheran.
George Samaan è uno scrittore e gionalista politico.
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