Di Oraib Al-Rantawi. Addostour (27/01/2014). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.
Abbas è andato a Mosca avendo in mente lo scenario più probabile: il fallimento delle trattative con Israele e la possibilità che l’Autorità Palestinese cada in un tunnel fatto di assedio e isolamento, come è accaduto in passato. Ci è andato mentre il suo popolo chiede la fine del monopolio statunitense sui negoziati per affidarli al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o almeno al Quartetto internazionale, in cui si suppone che Mosca e Washington agiscano come co-sponsor e quindi che la Russia possa esercitare un ruolo più attivo ed efficace.
Dal canto suo il presidente Putin, riferendosi al “patrimonio storico” delle relazioni con i palestinesi, ha messo l’accento sullo sviluppo di una rete di relazioni economiche, commerciali e finanziarie oltre che della cooperazione bilaterale. Sembra infatti che la compagnia russa Gazprom preveda di investire un miliardo di dollari nell’esplorazione ed estrazione di gas in un campo vicino Ramallah, in Cisgiordania, e sulla costa della Striscia di Gaza. Inoltre, nel corso della visita sono stati firmati altri tre accordi in materia di salute, affari interni e dogane, così da facilitare gli scambi e, cosa più importante, permettere alla Russia di avvicinarsi al Mediterraneo.
Israele segue con attenzione lo sviluppo delle relazioni russo-palestinesi, ma non può fare molto per fermarlo: la Russia è una grande potenza il cui peso a livello sia regionale che internazionale è in crescita e Tel Aviv ha bisogno di un rapporto solido con Mosca per affrontare una serie di questioni, a partire dall’Iran.
La visita di Abbas a Mosca può essere intesa non solo come il superamento della missione di Kerry, ma anche come un modo per spianare la strada all’adesione della Palestina a vari forum e piattaforme internazionali. Senza dubbio l’Autorità Palestinese ha fatto un tentativo importante per diversificare i suoi sostenitori e far sì che la soluzione del conflitto non dipenda più solo da Washington.