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L’influenza del denaro sui media arabi

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Di Samir al-Tanir. As-Safir (18/04/2016). Traduzione e sintesi di Letizia Vaglia.

A seguito della rivoluzione dei mezzi di comunicazione, il mondo arabo sta assistendo da alcuni anni a un’ondata di pluralismo politico, che ha sconvolto il concetto stesso di pluralismo a livello mediatico. In questo contesto sono comparse anche una serie di importanti problematiche professionali, il cui peso è aumentato di pari passo con lo sviluppo tecnologico e il prolungato giogo dei governi sul sistema legislativo e di informazione.

I principali media arabi continuano a languire nella prigione del servilismo, per paura di irritare le autorità o di violare le regole vigenti. Infatti, i media ufficiali sono quasi sempre costretti a diffondere notizie a favore del potere e delle sue posizioni, mentre gli enti d’informazione privati non sembrano navigare in acque migliori, subendo anch’essi l’influenza del sistema per motivi finanziari, pubblicitari o amministrativi.

In sintesi è possibile affermare che la libertà di stampa è solo di coloro che hanno il denaro per comprarsi dei privilegi; e nel mondo arabo le classi dirigenti influenzano a loro volta l’azione politica, creando un meccanismo a catena di reciproche influenze e favoritismi. In questo contesto, i partiti politici all’opposizione o i sindacati sono in una posizione di grande svantaggio quando si ritrovano alle prese con gli organi d’informazione, ammesso che l’autorità al potere gli permetta persino di diffondere delle notizie. Infatti, i finanziatori che comprano giornali o reti televisive hanno come unica preoccupazione quella di compiacere le autorità al governo. Insomma, per tutti i media arabi l’equazione è la stessa: denaro uguale potere e influenza; e allo stesso tempo chi detiene il potere ha più possibilità di arricchirsi.

La perdita di fiducia verso i media locali, “addomesticati” dall’autorità, ha portato a orientarsi verso le reti panarabe e internazionali. Tuttavia, anche queste hanno iniziato una fase di declino. In Egitto, ad esempio, il presidente El Sisi ha fatto chiudere i canali televisivi islamici e ha fatto arrestare tre professionisti di Al-Jazeera, con l’accusa di appartenere a una cellula del movimento dei Fratelli Musulmani. Da un lato, sarebbe possibile affermare che una piccola percentuale dei media privati egiziani goda di migliori possibilità: nel 2011, ad esempio, l’imprenditore Mohamed al-Amin ha potuto creare la rete televisiva CBC, con diversi programmi di successo. Dall’altro, negli ultimissimi anni ci sono stati diversi episodi di natura opposta (si veda la chiusura delle trasmissioni di MBC Misr), che hanno riportato la curva di sviluppo dei media egiziani in fase discendente.

In conclusione, la rivoluzione delle comunicazioni è riuscita a costringere la maggior parte dei paesi arabi a rivedere la propria posizione economica e sociale. Tuttavia, ad oggi i media arabi sono in gran parte una proprietà del governo, pur lasciando piccoli margini d’azione per i partiti politici o per gli uomini d’affari.

Samir al-Tanir è un ricercatore, accademico e scrittore libanese.

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