Di Katherine Brooks. Huffington Post (3/02/2016). Traduzione e sintesi di Giusy Regina
Stephanie Kurlow ha 14 anni e vive a Sidney, in Australia. Come molte altre ragazze della sua età, sogna di diventare una ballerina professionista.
Secondo il Sydney Morning Herald, Stephanie, abituata al palcoscenico da quando aveva 2 anni, ha sentito il bisogno di smettere di ballare dopo la conversione all’Islam insieme al padre, alla madre e ai due fratelli sei anni fa. Nella periferia sud-ovest di Sydney infatti non riusciva a trovare una scuola che l’avrebbe ammessa con l’hijab nella classe di danza.
Oggi però le cose sono cambiate e Stephanie è di nuovo al lavoro per diventare la prima ballerina musulmana con l’hijab al mondo. E per realizzare il suo sogno ha anche creato una campagna LaunchGood con la speranza di raccogliere denaro a sufficienza per pagare tasse e contributi per la scuola di danza. Ma il suo obiettivo finale è ancora più grande. La Kurlow vuole usare infatti la sua esperienza per aprire finalmente una accademia di arti che si rivolga a bambini e ragazzi di diverse religioni e razze. “Questa scuola avrà programmi speciali e specifici per le diverse religioni, gruppi di sostegno per i nostri giovani e le persone che vengono da altre comunità”, ha sottolineato Stephanie nella sua campagna LaunchGood. “Mi impegno a fornire alle generazioni future la possibilità di esprimere loro stessi attraverso l’arte e la creatività”. La giovane vuole avere successo come prima ballerina musulmana, allo scopo soprattutto di “ispirare tante altre persone a credere in loro stessi e a realizzare i loro sogni”.
Ovviamente non sono mancati i feedback negativi, soprattutto dai seguaci più conservatori dell’Islam, secondo cui la danza è haram (vietata). Ma Stephanie non si è lasciata scoraggiare, continuando ad ispirarsi a ballerine afroamericane come Michaela De Prince e Misty Copeland, così come ad altre donne che indossano l’hijab, senza per questo aver rinunciato alle loro carriere e sogni.
“L’hijab è così importante per me perché è una parte di ciò che sono e rappresenta la religione che amo”, ha detto la Kurlow. “Se le persone hanno il diritto di vestire come vogliono, anche io ho il diritto di indossare il mio hijab, espressione del mio amore verso il Creatore, coprendo il mio corpo, ma non la mia mente, il mio cuore e il talento”.
Katherine Brooks è redattore capo della sezione Arte e Cultura di Huffington Post
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