Di Hisham Melhem. Al-Nahar (17/12/2015). Traduzione e sintesi di Alessandro Mannara.
I recenti attacchi di Parigi e di San Bernardino sono stati perpetrati da terroristi, la maggior parte dei quali nati in quelle stesse città. Ciò ha nuovamente sollevato la problematica sulla natura delle comunità musulmane e il loro rapporto con i Paesi in cui vivono, nonché il modo – e la volontà – con cui queste ultime si adattano o integrano all’interno delle società occidentali. Alcuni analisti americani hanno paragonato l’attentato di Parigi a quello dell’11 Settembre di 14 anni fa. Ma esiste una differenza fondamentale tra i due attacchi: i terroristi del 2001 provenivano da oltreoceano e non erano di origine americana, mentre quelli di Parigi erano giovani europei smarriti, discendenti di immigrati provenienti dalle province che un tempo appartenevano all’impero colonialista francese in Africa, nello specifico Tunisia, Algeria e Marocco.
Questi cittadini francesi vivono in Francia ma non ne condividono le origini; abitano in aree e quartieri periferici – le banlieues, costretti da ragioni economiche e culturali o semplicemente perché si rifiutano di integrarsi nelle loro comunità. Il tasso di disoccupazione in queste zone è due volte maggiore rispetto alla norma e vi è una discriminazione percepita nel mondo del lavoro e dell’istruzione, cosa che si riflette nei livelli salariali.
A seguito degli attentati di Parigi, nel quadro del dibattito sul responsabile della deriva giovanile verso l’estremismo, ci chiediamo se la colpa è da imputare alle difficili condizioni in cui versano queste zone rimaste ai margini della società, oppure ad una “rivelazione divina” di matrice siriana. Un funzionario della sicurezza francese ha affermato alle controparti americane che il 10% della responsabilità ricade sulla seconda opzione, mentre la restante parte sulla prima.
I musulmani d’America provengono da diverse culture e background; la maggior parte di loro appartiene alla classe media e afferma di essere a proprio agio con l’identità americana. Queste persone sono disseminate in tutto lo Stato americano e convivono con gli altri cittadini in città così come in periferia. Nonostante la presenza di alcune comunità arabe come Dearborn, in Michigan, i musulmani d’America di certo non vivono in “ghetti musulmani”. Ma ciò non implica che queste comunità non abbiamo i propri timori. Ecco perché la maggioranza dei musulmani in America afferma, secondo un sondaggio, che la vita è diventata più difficile dopo gli attentati del 2001, e che il governo tende a monitorare i movimenti dei musulmani più di qualunque altro.
In Francia, il governo impedisce l’esposizione pubblica di simboli religiosi in luoghi istituzionali (è proibito indossare l’hijab, o appendere croci vistose al petto) e tale divieto è incompatibile con la costituzione degli Stati Uniti. Gli attacchi hanno anche sollevato nuovamente la questione della volontà o capacità dei musulmani d’Occidente di conciliare il loro credo con l’essenza delle culture europee.
Hisham Melhem è un giornalista e analista libanese, responsabile d’ufficio per Al-Arabiya News Channel a Washington.
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