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In Yemen, la gente si chiede: “E dopo?”

Di Nabil al-Bakiri. Al-Arabi al-Jadid (18/12/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Non sarebbe esagerato dire che da quando gli Houthi hanno preso Sana’a, il 21 settembre scorso, il popolo yemenita sta attraversando uno dei momenti più difficili degli ultimi 50 anni. Questo breve lasso di tempo è sufficientemente adeguato per dipingere un quadro dell’attuale realtà politica dello Yemen e, sebbene il nome Houthi potrebbe risultare nuovo alla scena politica, la sua dottrina politica e storica è un’estensione della dottrina Zaidi Hadawi, contro la quale gli yemeniti si ribellarono il 28 Settembre 1962.

Sono passati due mesi da quando gli Houthi hanno imposto il loro controllo sulla capitale yemenita approfittando del vuoto politico determinato dal tradimento sia dell’apparato militare che di quello securitario. Gli Houthi hanno cercato di ingoiare lo Stato con ideologie settarie e politiche e integrando le loro milizie nelle forze armate. Il gruppo è riuscito ad infiltrarsi in ogni angolo del governo, delle istituzioni e degli uffici mettendo uno dei loro membri in ciascun ufficio ministeriale con il pretesto ingannevole combattere la corruzione. Inoltre, hanno iniziato a sfruttare l’ideologia religiosa per attaccare le case dei loro avversari. Questi attentati non sono estranei a un gruppo politico di questo genere che cerca di giustificare ogni manovra contro i suoi nemici.

Da osservatori, quello che ci interessa è che c’è un regime autoritario con un’agenda settaria che cerca di riportare lo Yemen sotto il suo controllo. Credo che le recenti dichiarazioni del consigliere presidenziale e famoso politico yemenita, il dottor Abdel Karim al-Iryani, come pure quelle del leader del blocco parlamentare, Zaid al-Shami, non siano altro che conclusioni inevitabili raffiguranti ciò che sta accadendo sul terreno. Al-Iryani ha descritto gli eventi del mese di settembre come un colpo di stato armato, mentre Al-Shami, scusatosi per aver tentato un approccio con gli Houthi per raggiungere la pace, ha affermato che il gruppo ha una chiara agenda per il futuro del Paese.

Ora, alla luce della crescente controllo delle milizie sulla scena politica del Paese, ci sono ancora delle possibilità per uno Stato sovrano yemenita? C’è ancora spazio per la speranza? Non credo che ci sia molta speranza, a meno che la comunità internazionale non decida di intervenire in Yemen e anche in quel caso qualsiasi coinvolgimento straniero sarebbe nascosto. Ciò rende il collasso economico e politico dello Yemen imminente.

Le domande a cui tutti dovrebbero rispondere sono: per quanto tempo potrà protrarsi questa tragica situazione? Come possiamo evitare questo scenario terrificante? Quali sono le opzioni di cui dispone il popolo yemenita e come si può salvare il destino dello Yemen dall’essere immune da ripercussioni regionali e internazionali?

Come yemenita, come ricercatore e osservatore, chiedo al popolo yemenita: e adesso? Li esorto a rispondere a questa domanda, in particolare i membri del movimento Houthi che ora si ritrovano con la responsabilità di dover guidare il Paese.

Quello che sta accadendo oggi a Bayda, Rada e Marib è non solo una chiara dimostrazione del rifiuto della dottrina militare da parte del popolo, ma anche una chiara indicazione che il Paese potrebbe essere colpito da una guerra devastante. Perciò è importante chiedersi: e adesso? Abbiamo ancora tutte le opzioni a disposizione, anche la possibilità di dire di no a questo stretto sentiero che porterà lo Yemen e la sua gente dritti all’inferno.

Nabil al-Bakiri è un giornalista e un ricercatore sui gruppi islamici.

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