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Yemen: Ali Abdullah Saleh non se n’è andato

Yemen
Gli Houthi annunciano la creazione di un governo di “salvezza nazionale”, frutto di un processo innescatosi già da tempo

Di Abdullah Zaghib. As-Safir (02/12/2016). Traduzione e sintesi di Antonia M. Cascone.

Sana’a ha superato egregiamente la formazione del nuovo governo e le élite sono più che convinte del fatto che sia l’unica sovrastruttura capace di gestire la crisi: questo, naturalmente, non implica l’assenza di elementi che ancora si appellano alla “legittimità” del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, tra cui la “Fratellanza”, rappresentata dalla “Congregazione Yemenita per la Riforma” (meglio nota come Islah). Il progetto si è concretizzato dopo l’operazione Decisive Storm, favorito dall’incapacità del Golfo e dei suoi alleati di far fronte alle varie fazioni interne, in grado di occupare lo spazio politico, militare e popolare.

Così il governo di “salvezza nazionale”, come è stato definito dai mezzi di comunicazione di Sana’a, ha annunciato una nuova fase di gestione del conflitto in corso, nella quale concentrerà gli sforzi nello stemperare la “legittimità” rappresentata da Hadi e dal suo apparato governativo, attraverso l’affermazione del controllo della capitale sulla totalità delle istituzioni militari, economiche e politiche, in particolare di quelle presenti all’interno dei confini dell’ex Yemen del Nord, grazie alla capacità di Saleh di guidare il timone politico. Questo potrebbe stridere con quella “legittimità costituzionale” promulgata dai Paesi del Golfo, che si instaura su basi democratiche e di ampia rappresentanza, rispetto a una forza militare che si presenta ancora oggi come modello vincente.

Gli sviluppi politici nella capitale yemenita non sono stati una sorpresa, al contrario del colpo di stato degli Houthi nel settembre 2014, o della guerra saudita nel marzo 2015. Piuttosto, sono scaturiti da un contesto graduale e quasi prevedibile, i cui lineamenti si sono profilati dall’accordo tra Houthi ed l’ex presidente Ali Abdullah Saleh per la creazione di un “Alto Consiglio Politico”, e il riconoscimento ufficiale dei suoi poteri da parte dell’ “Alto Comitato Rivoluzionario” lo scorso 15 agosto. La nuova “dichiarazione politica” in Yemen con il governo della “salvezza” rivela una certa capacità di comprendere il contesto e i suoi equilibri, frutto di un chiaro percorso ascendente cominciato con le prime fasi dei negoziati con il Kuwait. Da allora, Arabia Saudita e Nazioni Unite hanno dovuto notevolmente riconsiderare la propria posizione con gli Houthi e il “Congresso Generale del Popolo” e hanno cominciato a prendere forma i confini della mappa del delegato internazionale Ismail Ould Cheikh Ahmed, che poi avrebbe portato alla mappa del ministro degli esteri americano John Kerry.

Il governo della “salvezza” è stato la risposta immediata al rifiuto di Hadi e di Riyad della mappa di Kerry, in particolare dei punti legati alla riduzione dei poteri del presidente e del trasferimento di questi ultimi al suo vice, nominato tramite consenso. Sana’a è riuscita a cogliere i frutti del movimento politico locale e internazionale che ha accompagnato la guerra yemenita, lavorando gradualmente al consolidamento dell’alleanza tra Houthi e Congresso Popolare quali rappresentanti “legittimi” e “reali” per lo Stato yemenita, o almeno per ciò che ne è rimasto.

La prossima amministrazione statunitense, invece, solleva molti interrogativi, specialmente data la tendenza generale di Trump di appoggiare i suoi alleati neoconservatori, focalizzandosi nuovamente su una politica di contenimento dell’Iran e di annullamento degli accordi sul nucleare e battendo sulla necessità di continuare la lotta al terrorismo, ritenendo il “salafismo jihadista” un grave pericolo a livello regionale e internazionale. Per ora, la leadership di Saleh è chiara: quest’uomo è in grado di costituire un apparato governativo forte e di arrivare a quegli strati della società a cui gli Houthi non sono riusciti a stare vicino, in particolar modo nelle province centrali e in alcune regioni del sud. Il prossimo presidente del governo, Abdel Aziz bin Habtour è uno degli storici alleati meridionali di Saleh, e così il “Congresso Popolare” continuerà a svolgere il proprio ruolo di protezione di Aden.

Abdullah Zaghib è un gionalista yemenita.

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