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“Yad Vashem” riconosce l’egiziano Mohamed Helmi come “Giusto tra le Nazioni”

certificate-257x300Di Nasir al-Majali (Elaph, 01/10/2013). Traduzione di Chiara Cartia. Per la prima volta in assoluto, un ente israeliano ha nominato un medico egiziano, ormai deceduto, che viveva in Germania durante la seconda guerra mondiale, “protettore del popolo ebraico”. Il medico Mohamed Helmi è stato così il primo arabo ad essere insignito del riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni” devoluto dall’ente “Yad Vashem” il quale si occupa di documentare e commemorare l’Olocausto. Il riconoscimento gli è stato attribuito per aver protetto e nascosto una famiglia ebraica di quattro persone durante il periodo nazista a Berlino. La radio israeliana ha specificato che il premio al medico è stato deferito per aver collaborato con una donna tedesca, che di cognome faceva Szturmann, nell’aiutare i bambini di una famiglia ebraica. L’ente ha cercato di mettersi in contatto con gli eredi del medico egiziano, morto nell’82, così come con la donna tedesca, per consegnare il premio. Secondo un comunicato dell’ente, anche Helmi, che insegnava medicina a Berlino, era stato perseguitato dai nazisti e gli era stato impedito di sposare la sua fidanzata tedesca Freda Cox perché non apparteneva alla razza “ariana”. I servizi segreti lo avevano arrestato nei primi mesi del 1939 insieme ad altri due Egiziani per poi essere liberato per motivi di salute.

Dietro a questo premio, secondo l’ente “Yad Vashem”, si nasconde una lunga storia le cui origini risalgono al lontano 1922, quando Helmi, nato a Khartoum da genitori egiziani, si trasferì in Germania, trovando casa a Berlino, per studiare medicina. Una volta completati gli studi, iniziò a lavorare per l’Istituto Robert Koch (che da studi portati avanti nel 2009 è risultato essere “fortemente coinvolto” nel sostenere la medicina eugenetica nazista) dal quale venne espulso perché “non ariano”. Secondo la classificazione razziale dei nazisti, Helmi apparteneva alla “stirpe di Cam”, figlio di Noè, appellativo con cui venivano chiamati gli abitanti del Nord Africa, tra cui gli Egiziani e gli abitanti del Corno d’Africa.

Malgrado fosse tenuto sotto controllo dai nazisti, e fosse consapevole del rischio che correva, Helmi si prodigò nell’aiutare i suoi amici ebrei, dando loro un rifugio e proteggendoli.  Quando gli ebrei iniziarono ad essere deportati da Berlino, trovò alla sua amica Anna Boros un posto dove nascondersi fino alla fine della guerra: un gabinetto di cui era proprietario. Ogni volta che il rischio che fosse scoperta aumentava, le trovava un altro nascondiglio. Anna, che dopo la guerra ha cambiato il cognome in “Ghutman” , ha raccontato in seguito che Helmi era un buon amico, che li aiutò a nascondersi nel quartiere “Buch” di Berlino dal 10 marzo del 1942 fino alla fine della guerra nel 1945.  Dal 1942 la famiglia perse ogni contatto con il mondo esterno. La Gestapo sapeva che Helmi era il dottore di famiglia e che aveva un gabinetto nel quartiere “Buch” di Berlino. Nelle memorie che Anna ha scritto dopo la guerra, ha raccontato che il dottore è sempre riuscito a eludere gli interrogatori e che l’aveva fatta stare anche da altri suoi amici dai quali era rimasta per molti giorni: l’ aveva presentata come una sua cugina venuta da Dresda. Quando il pericolo si faceva meno pressante, tornava nel gabinetto. “Quest’uomo ha fatto tanto per me e gliene sarò riconoscente a vita”, afferma Anna. Il dottore aiutò anche la madre di Anna, Julie, il patrigno Gerog Wehre e l’anziana nonna Cecilie Rudnik che curò e a cui trovò un posto dove nascondersi per più di un anno a casa di Frieda Szturmann che condivise tutti i suoi pasti con lei.

Quando nel 1944 venne catturato il suocero, la Gestapo  lo torturò facendogli ammettere che Helmi aveva aiutato la famiglia e che nascondeva Anna ma lui riuscì a non farla trovare e con un sotterfugio scampò anche alla punizione che gli avrebbero inflitto se non avesse fatto ricorso alla sua inventiva: mostrò una lettera di Anna che diceva che stava da sua zia a Dessau.

Grazie agli sforzi fatti da Helmi quattro membri della famiglia Boros furono  risparmiati. Dopo la guerra Helmi emigrò negli Stati Uniti ma non si dimenticò mai di loro. A cavallo tra gli anni ‘50 e i ‘60 scrisse delle lettere al Senato di Berlino, poi recuperate dall’Archivio di Berlino e mostrate all’ente “Yad Vashem” affinché questi episodi dell’Olocausto potessero essere ricordati.