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Il Vaticano e la terza guerra mondiale

Di Emil Amin. Al-Sharq al-Awsat (23/08/2014). Traduzione Carlotta Caldonazzo.

A bordo del volo di ritorno dalla visita in Corea del Sud, Papa Francesco ha pronunciato parole davvero toccanti quando ha detto che per l’umanità la terza guerra mondiale è già cominciata, solo che viene combattuta in modo frammentario. Questo il suo commento alle crisi e ai conflitti che si sono susseguiti ininterrottamente negli ultimi anni, soprattutto agli attacchi che in Iraq subiscono le minoranze cristiana e yazida.Ci si potrebbe chiedere se sia stata questa dichiarazione a riportare in voga una questione di cui ultimamente si sente spesso parlare, quella del ruolo spirituale del Vaticano nell’indurre le Nazioni Unite e la comunità internazionale a usare la forza contro lo Stato Islamico in Iraq. Se ciò fosse vero, non sarebbe in contraddizione con la sostanza degli insegnamenti del cristianesimo che promulga la pace tra le nazioni e i popoli? Sembra che in papa abbia in mente proprio questa problematica, soprattutto da quando l’osservatore del Vaticano all’Onu monsignor Silvano Maria Tommasi, a sostegno della decisione di Washington di compiere incursioni aeree contro l’Isis, ha sottolineato “la necessità di intervenire subito prima che sia troppo tardi”.

A questo proposito, il papa doveva parlare o avrebbe dovuto mantenere il silenzio? È stata certamente determinante la concordia delle autorità religiose del mondo sulla verità civile per cui uccidere deliberatamente o compiere violenza contro gli innocenti è un peccato grave in ogni luogo del mondo e senza eccezione. Un contributo allo sviluppo di una mentalità comune pacifica dal punto di vista civile, condizione necessaria per costruire una comunità internazionale in grado di rassicurare la ragion di stato nei limiti della giustizia e della libertà. Il papa, che nel mondo rappresenta circa un miliardo di persone, di cui oltre 200 milioni di cattolici, doveva lanciare il suo monito sul terzo conflitto globale che tutta l’umanità sta vivendo e soprattutto doveva risvegliare le coscienze riguardo la questione irachena.

Il papa dunque ha detto che l’Onu può solo decidere come fermare l’aggressore, ma si potrebbe aggiungere: quando c’è un’aggressione ingiusta si può parlare di diritto a fermare l’aggressore? L’esperienza storica del vaticano era presente alla mente del papa dopo le sue dichiarazioni? Il punto della questione è il confronto storico tra la posizione attuale del vaticano e le accuse mosse a papa Pio XII (1939-1958) sulla questione ebraica di essere rimasto in silenzio di fronte all’olocausto nella Germania nazista. Accuse respinte dalle istituzioni cattoliche, che hanno un archivio segreto di circa sei milioni di documenti che dimostrano l’atteggiamento di accoglienza e misericordia dell’allora pontefice nei confronti degli ebrei europei. In ogni caso papa Francesco ha lanciato una questione importante utilizzando la parola “fermare” e non “bombardare” o “fare la guerra” e confutando politicamente Washington in riferimento al fatto che “un paese singolo non può decidere di fermare l’aggressione, un compito che dalla Seconda guerra mondiale spetta all’Onu”.

Inoltre le parole del pontefice contengono moniti riguardo l’egemonismo ideologico dell’amministrazione Usa, che sta provocando una Terza guerra mondiale, direttamente o indirettamente. Il cardinal Bergoglio, povero e argentino, che oggi irrita il rigido capitalismo americano, avverte pubblicamente che “dobbiamo ricordare quante volte la scusa di fermare un’aggressione viene utilizzata dalle grandi potenze per asservire intere nazioni e condurre guerre e invasioni”. È lui a delineare la pericolosa filosofia attuale del Vaticano dicendo che “fermare l’aggressore ingiusto è un diritto umano, e quando c’è un aggressore ingiusto è doveroso fermarlo”. In nessun caso dunque si può distinguere la posizione del papa sull’Iraq e l’Isis dalle altre posizioni rivoluzionarie che ha assunto dalla sua ascesa al soglio papale. In ognuna di esse infatti l’uomo e l’umanità erano la sostanza dei suoi discorsi, su come rapportarsi con il laicismo come sul terrorismo nero. Sembra inoltre che le sue affermazioni abbiano provocato un movimento religioso e al contempo una corrente politica in Europa che in parte si può osservare per ciò che è nel presente, senza tuttavia trascurare sue conseguenze della ricezione di tale messaggio. Ad esempio il Consiglio dei vescovi europei ha fatto eco alle parole del papa nella sua lettera al Segretario generale dell’Onu. Pronunciandosi a nome di tutti i Consigli dei vescovi d’Europa sulla necessità di utilizzare ogni mezzo legittimo possibile per fermare il terrorismo e l’inevitabilità di un intervento mirato a salvare la vita di centinaia di migliaia di persone che rischiano di morire di fame e sete.

Molto probabilmente il pontefice nel pronunciare le sue dichiarazioni ha tenuto conto delle parole del filosofo e santo Agostino: “se vuoi la pace prepara la guerra (si vis pacem para bellum)”. La sua posizione inoltre ricorda quanto ha scritto il poeta inglese John Donne: “nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”. Forse il mondo sta rispondendo alle campane del Vaticano?

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Carlotta Caldonazzo

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