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Uno Tsipras turco? Impossibile, è solo un ossimoro

proteste Gezi Park Turchia

Di Burak Bedil. Hürriyet Daily News (30/01/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.

Alexīs Tsipras
Alexīs Tsipras

Sembra che tutte le forze politiche turche abbiano esultato per lo storico successo elettorale di Alexīs Tsipras in Grecia. Il partito al governo in Turchia, Giustizia e Sviluppo (AKP), e i suoi alleati e simpatizzanti si rallegrano perché il loro omologo ad Atene è “un riformista come gli esponenti politici turchi”. C’è persino chi ha detto che Tsipras ha confidato al primo ministro turco Ahmet Davutoğlu di aver guardato con invidia l’AKP per ben tredici anni. Oppure chi ha avanzato l’ipotesi che la vittoria di Syriza in Grecia abbia segnato la caduta dell’opposizione turca. Questioni da fantapolitica, quasi fantascienza. Intanto le forze politiche laiche e di sinistra gioiscono per il successo del “Che Guevara greco”, sostenendo che la speranza può lambire anche la Turchia. Basta che i socialdemocratici turchi apprendano e mettano in pratica la lezione coraggiosa di Syriza, affrancandosi dalle alleanze di convenienza con le forze di centro.

Bella favola, ma troppo distante dalla realtà. Infatti malgrado le affinità negli stili di vita (che peraltro accomunano un po’ tutto il bacino del Mediterraneo) vi sono importanti differenze socio-politiche. Anzitutto, alle elezioni il Partito Comunista turco (TKP) difficilmente va oltre il misero 0,15% del 2011. Il motivo è semplice: Tsipras ha costruito la sua brillante carriera politica proponendo apertamente temi e metodi della sinistra comunista, senza mai nascondere il suo ateismo o il fatto di aver avuto figli fuori dal matrimonio, uno dei quali di nome Ernesto proprio come Che Guevara. Il suo coraggio è nell’aver sfidato non solo l’Europa dell’ingiustizia sociale, ma anche l’influente chiesa ortodossa greca.

Inoltre durante gli anni dell’università, Tsipras ha guidato un movimento di protesta analogo a quello di Taksim Gezi Park in Turchia. Quindi, un ipotetico Tsipras turco oggi marcirebbe in carcere per le manifestazioni del 2013-2014, oppure sarebbe ferito o morto per un colpo di lacrimogeno o per una pallottola vagante. Agli occhi del turco medio sarebbe un terrorista. Per non parlare poi di cosa gli accadrebbe se convivesse con la sua compagna senza matrimonio, avendo anche dei figli. Potrebbe essere legalmente perseguito per disturbo ai vicini, che lo denuncerebbero per aver violato la moralità vigente. Se poi riuscisse ancora a spuntarla unendosi alla sinistra in un partito che si definisce apertamente radicale, lo Tsipras turco verrebbe condotto in tribunale ogni volta che osasse difendere la libertà di essere ateo. Così è accaduto al meno ingombrante pianista Fazıl Say, condannato a 10 mesi di carcere. In ogni caso, se non una condanna penale, riceverebbe minacce di morte dall’armata dei mostriciattoli conservatori e nazionalisti, che vorrebbero vederlo morto come il giornalista Hrant Dink.

Il nostro eroe tuttavia sarebbe più forte anche di questi arnesi da palcoscenico. Allora sfiderebbe proprio tutti i limiti, ma ancor prima di arrivare alle urne verrebbe portato in tribunale come eversore e capo di un’organizzazione terroristica, quindi arrestato e tenuto in custodia cautelare. Unici indizi, i suoi discorsi, articoli e qualche documento trovato a bella posta nel suo computer. Supponiamo invece che riuscisse a presentarsi alle elezioni. Un infedele, un terrorista, un comunista che osa insultare l’islam e ha figli fuori dal matrimonio? Non andrebbe oltre lo 0,98%, molto lontano dal 36% conquistato in Grecia.

L’espressione “Tsipras turco”, dunque, è un ossimoro.

Burak Bedil è opinionista per il quotidiano turco Hürriyet Daily News.

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