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Uno Stato Islamico per l’Azawad?

Quanti sostenevano che al-Qaeda o i gruppi jihadisti che a questa s’ispirano sarebbero stati tra i principali beneficiari del nuovo assetto politico dei Paesi coinvolti dalle rivolte arabe, hanno in parte accolto la notizia della nascita dello Stato Islamico dell’Azawad come una conferma della loro tesi. Dopo la creazione di diversi Emirati nel Sud dello Yemen, la presunta infiltrazione di elementi qaedisti in Siria e la comparsa di nuovi gruppi armati nel Sinai, all’appello del resto mancava solamente l’Africa sub-sahariana, dove la spinta dei ribelli tuareg e la rinnovata attività di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) sembrano in parte avere una relazione casuale con la caduta del regime libico di Muammar Gheddafi.

A ben vedere, la creazione di uno Stato Islamico nel nord del Mali e le dinamiche attraverso le quali l’Azawad è stato proclamato indipendente suggeriscono ben altre considerazioni non in linea con la tesi di una rinnovata forza jihadista in grado di sfruttare il caos post-Primavera Araba. In primo luogo la rivolta tuareg rimane legata a doppio filo con l’attuale instabilità del Mali, alle prese con ripetuti colpi di mano militari e civili, mentre l’accordo stesso con il quale il 26 di maggio era stata proclamata la creazione di un Consiglio della Shura incaricato di dar vita alla nuova entità islamica sembra essere naufragato nelle ultime ore a causa delle divergenze tra le parti coinvolte.

Parti coinvolte che del resto sembravano poco affini per poter guidare l’Azawad verso l’indipendenza sotto la bandiera dell’Islam, mediante un’intesa firmata dai ribelli tuareg del Movimento di Liberazione dell’Azawad (MNLA) ed il gruppo islamista Ansar al-Din (quest’ultimo sospettato di gravitare attorno l’orbita dell’AQIM e guidato dallo sheikh Iyad Ag Ghaly, ribelle convertitosi in mujaheddin dopo un trascorso in Arabia Saudita e più volte rinnegato dai tuareg in passato). Il testo dell’accordo, che nei giorni scorsi è stato diffuso trionfalmente in vari forum jihadisti, offre ad ogni modo spunti di riflessione interessanti, in modo particolare quando si legge che “la priorità è quella di garantire stabilità e sicurezza agli abitanti dell’Azawad” o che il nuovo Stato “rifiuta categoricamente ogni comportamento in grado di danneggiare  la popolazione dell’Azawad o colpire la sicurezza dei Paesi vicini”, poiché la priorità “è la sua indipendenza in totale rispetto dei confini dei Paesi vicini”.

Priorità che sembrano quindi in netto contrasto con la pratica jihadista e qaedista di dichiarare guerra a tutto e contro tutti, e che nella sostanza confermano che nel mondo arabo post-rivolte anche i gruppi militanti jihadisti che stanno nascendo sotto altre sigle stanno ricalibrando il loro tiro. Non più appelli al Jihad globale o all’offensiva crociata-sionista, ma pseudo tentativi di nation-building, alleanze locali ed intese di collaborazione. Certo, la strada verso una completa normalizzazione ed integrazione politica è ancora lunga da percorrere, ma leggere della creazione di “un Consiglio di Transizione dello Stato Islamico dell’Azawad” dopo che islamisti e tuareg hanno discusso dei concetti di Kufr e al-Wala wa Bara (tanto cari ad Ayman al-Zawahiri) sembra essere già qualcosa.

Ludovico Carlino

About the author

Zouhir Louassini

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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