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Università UNINETTUNO, così l’accesso al sapere favorisce il dialogo interculturale

Rettore UNINETTUNO Anna Maria Garito con studenti arabi
Tra gli obiettivi dell’Università Telematica Internazionale, creare un ponte tra culture e ridare dignità ai rifugiati, grazie a tecnologie all’avanguardia e percorsi formativi a misura di studente

Lezioni online, esercitazioni, laboratori virtuali. Un canale satellitare e sistemi di videoconferenza, un centro internazionale di coordinamento a Roma e decine di poli tecnologici distribuiti in Europa e nell’area mediterranea. L’Università Telematica Internazionale UNINETTUNO, nata nel 2005, è cresciuta nel corso degli anni e conta oggi 23.500 studenti, provenienti da 163 Paesidel mondo.

Rettore UNINETTUNO Anna Maria Garito con studenti Arabi 02
Rettore UNINETTUNO Anna Maria Garito con due studentesse

Un’internazionalizzazione che passa anche e soprattutto attraverso la lingua. Gli studenti che accedono al cyberspazio didattico per seguire le lezioni, infatti, possono apprendere in cinque lingue diverse: italiano, inglese, francese, arabo e greco. Non si tratta di una semplice traduzione, bensì della creazione di contenuti in lingua originale, da parte di professori madrelingua, che mettono a disposizione i loro curriculum online, così da tutelare il fruitore. In questo senso, l’dea è di garantire un accesso all’istruzione di qualità, favorendo il dialogo interculturale. Una diffusione di contenuti su scala mondiale, possibile grazie alla tecnologia e ad un uso intelligente di internet.

La funzione sociale della rete

“La tecnologia rompe i muri – spiega la rettrice di UNINETTUNO, Maria Amata Garito – La rete si muove a cielo aperto e mare aperto, non ha confini. Questo ci permette di trovare degli spazi, virtuali ma al tempo stesso reali per come vengono concepiti, che consentono di avvicinare persone di mondi, culture, religioni diverse. La cosa più importante in questo momento storico – prosegue Garito– è riconoscere gli aspetti positivi della rete, che da una parte divide e dall’altra può unire”. Partendo dalla funzione sociale di internet, inteso come una dimensione in cui non esistono differenze sociali ed economiche, si è venuto a creare un ampio network di studenti e professori. Una rete di soggetti, coinvolti nel progetto dell’università telematica a diversi livelli.

La creazione effettiva di questa rete si basa su due modelli complementari. Da un lato, “le persone(avendo a disposizione un pc con una connessione ad internet, ndr) cercano delle informazioni in rete ed entrano in contatto con l’Università telematica”attraverso un passaparola reticolare globaleche consente la diffusione di feedback positivi riguardo ai corsi di studio e l’acquisizione di nuovi studenti da tutto il mondo. Dall’altro, è fondamentale stabilire dei rapporti con i Governie stringere accordi con università, enti e organizzazioni di altre Nazioni, per ragionare insieme su modelli formativi che permettano allo studente di ottenere un titolo di studio riconosciuto in Italia, in Europa e nel Paese d’origine.

Le relazioni con il Mondo Arabo

Nell’ambito degli accordi internazionali, un’attenzione particolare è sempre stata rivolta ai Paesi del Mondo arabo, tra cui Egitto, Giordania, Marocco, Tunisia e Iraq. Paesi con i quali esistono rapporti di collaborazione sulla base di obiettivi condivisi. È il caso del Marocco dove, in accordo con il Ministero dell’Educazione Nazionale, UNINETTUNO ha realizzato il corso di alfabetizzazione della popolazione adulta, “Imparo la Lingua Araba – Il Tesoro delle lettere”, trasmesso in televisione in modo da raggiungere le comunità rurali del Paese nordafricano. Il corso si è rivelato un importante strumento di contrasto dell’analfabetismo, che nel 2005 superava il 44%.

In Iraq, invece, sono stati realizzati quattro diversi poli tecnologici (uno nella località di Erbil, nel Kurdistan iracheno), tutti collegati al centro di coordinamento di Roma, nell’ambito di un progetto che ha contribuito a rafforzare le relazioni diplomatiche tra i due Paesi e a formare una nuova generazione di imprenditori iracheni. Nel caso specifico dell’Iraq, ricorda Garito, “ci occupavamo della loro formazione, ma per loro questa formazione rappresentava qualcosa di più, diventava anche uno strumento di espressione”.

Altrettanto interessante è il caso dell’Helwan University del Cairo, in Egitto, con la quale è stato siglato un accordo che ha permesso agli studenti di svolgere un tirocinio, presso diverse aziende italiane, prima della laurea. L’incontro con il mercato del lavoro italiano ha favorito l’acquisizione di nuove competenze, da reimpiegare nel Paese d’origine. Se lo scambio culturale, virtuale o reale, può sicuramente favorire una futura emigrazione qualificata e consapevole, “in base alla nostra esperienza – spiega Garito– gli studenti egiziani, alla fine del percorso di studi, non sono emigrati. Al contrario, hanno mantenuto dei rapporti con le aziende italiane avviando varie start-up in Egitto”. Segno che l’accesso al sapere, in alcuni casi, può portare a migliorare le proprie condizioni di vita nel Paese d’origine, senza emigrare altrove.

University for Refugees, come ridare dignità ai rifugiati

Studenti University for Refugees, Regione Lombardia, con prof. D'Aloia
Studenti University for Refugees, Regione Lombardia, con prof. D’Aloia

Da una parte, avvalendosi di tecnologie all’avanguardia, l’Università Telematica assicura l’accesso alla conoscenza, in diversi Paesi del mondo. Dall’altra, UNINETTUNO lavora per favorire l’integrazione dei rifugiati che si trovano già in Italia e in Europa, attraverso progetti quali “University for Refugees – Istruzione senza confini”.

Nata all’inizio del 2017, l’Università è rivolta a tutti i migranti che hanno già completato le procedure d’asilo e hanno ottenuto lo status di rifugiato. Siria, Palestina, Afghanistan, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, sono solo alcuni dei Paesi di provenienza degli studenti, oggi in tutto 50, entrati in contatto con UNINETTUNO attraverso internet o tramite i centri di accoglienza in cui sono accolti. A sostenere le spese per la formazione dei rifugiati è la stessa Università Telematica, che ha messo a disposizione diverse borse di studio. A queste, si aggiungono 20 borse che la Fondazione Cariplo ha voluto destinare ai soli rifugiati residenti nella Regione Lombardia. Dunque, gli studenti iscritti non devono pagare alcuna retta.

“Oggi abbiamo bisogno, soprattutto, di fare in modo che queste persone, che magari si erano già laureate prima di fuggire, prendano una laurea europea valida e riconosciuta. Così – spiega Garito– si può ricostruire una speranza di futuro partendo dalla formazione”.In questo senso, la tecnologia è uno strumento utile per proporre corsi di laurea e di alfabetizzazione online, con l’obiettivo primario di“ridare dignità ai rifugiati”.“Quando i rifugiati non si sentono calpestati, frustrati, derisi da questa società in cui si vede l’altro come il nemico – aggiunge Garito– il mondo diventa migliore”.Valorizzare le competenze pregresse e avvicinare i rifugiati alla cultura del Paese che li accoglie, dunque, senza imporre un modello culturale su un altro, ma rispettando le differenze a partire dalla conoscenza reciproca.

Re-Future, raccontarsi attraverso lo smart-phone

Nella stessa direzione si muove il progetto di integrazione Re-Future, selezionato e finanziato dal Programma Europa Creativa della Commissione Europea e realizzato da diversi partner: Dugong Films (Italia), AccoglieRete (Italia), Università Telematica Internazionale Uninettuno (Italia), Infinity Edge (Italia), Picofilm (Francia), Shoot&Post (Svezia), Asi Film (Turchia) e Road Movie (Italia).  Il progetto, che prevede anche un lavoro di ricerca sul tema dell’integrazione, ha coinvolto 20 minori rifugiati in attività di formazione e produzione di contenuti. Ognuno di loro ha raccontato in prima persona la quotidianità del processo di integrazione, attraverso brevi video girati con lo smart-phone.

Grazie a questa iniziativa, il telefonino, di solito utilizzato dai rifugiati per restare in contatto con il Paese d’origine o per conoscere meglio il Paese ospitante, è diventato anche un modo per raccontarsi allo spettatore, spesso inconsapevole delle storie personali dei migranti. “Sappiamo pochissimo della cultura di queste persone – afferma Garito– li accogliamo nella nostra realtà, ma non conosciamo i significati della loro gestualità. Più opportunità abbiamo per conoscerli e più strumenti avremo per rapportarci a loro nel modo giusto”. Il risultato di questo lungo workshop è il documentario Tumaranké, che in lingua bambara significa “lasciare il proprio Paese in cerca di un futuro migliore”.

Di Alice Passamonti.

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