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L’Unione Africana e la fine della guerra fredda

unione africana
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Di Idris al-Kanburi. Al Arab (22/07/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Avanzato.

Se la caduta del muro di Berlino nel 1989 ha segnato la fine della guerra fredda a livello europeo e la dissoluzione dell’URSS nel 1991 ha segnato la fine dell’influenza sovietica a livello mondiale, quattro decenni e mezzo di divisioni internazionali e regionali, frutto della logica bipolare della guerra fredda non hanno trovato fine. Tali divisioni perdurano e sono ancor più difficili da superare laddove prevale ancora la stessa logica, in Nord Africa in primis. Nessuno è davvero consapevole di quanto estesi siano stati i crimini perpetrati durante la guerra fredda in Africa e di quanto caramente abbia dovuto pagare la regione nordafricana in termini di sottrazioni e smembramenti territoriali.

Per più di 40 anni il Maghreb è stato come un uomo malato, le cui condizioni sono state aggravate dal conflitto fra Marocco e Algeria sulla questione del Sahara e dalle ripercussioni che tale scontro ha avuto sull’intera regione. Proprio la crisi sahariana, a differenza di altre crisi africane che hanno goduto di tanto in tanto di una certa risonanza, è rimasta inascoltata almeno dal 1991, anno in cui le Nazioni Unite hanno annunciato il cessate il fuoco fra Marocco e Fronte Polisario, l’organizzazione armata che rivendica l’indipendenza del Sahara Occidentale.

Nel periodo della guerra fredda, così intriso di discorsi rivoluzionari e di idee “avanguardiste”, il Polisario e l’Algeria hanno avuto vita facile. Il primo, riconosciuto internazionalmente, è divenuto membro dell’allora Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) nel 1984; la seconda, sostenitrice del socialismo, ha visto nell’adesione del Fronte all’OUA la possibile uscita del Marocco dall’Organizzazione, uscita che avrebbe lasciato ampio spazio al nuovo modello rivoluzionario. Com’era prevedibile, nel 1984, il Marocco ha abbandonato l’OUA in segno di protesta.

Oggi, 32 anni dopo, il re Mohammad VI, indirizzando un messaggio ufficiale ai partecipanti del 27° summit dell’Unione Africana, ha annunciato che per il Marocco è arrivato il momento di riconquistare il suo “posto naturale” in seno all’Unione Africana, il posto di membro influente e non di semplice ospite, il posto di un membro forte delle sue relazioni diplomatiche con gli altri paesi africani.

La questione sahariana risentirà indubbiamente del ritorno del Marocco all’Unione. La poco probabile coesistenza di Marocco e Polisario all’interno dell’UA porterà infatti quest’ultimo a dover scegliere fra precludersi la legittimità internazionale o accettare una situazione legalmente e moralmente compromessa. Ciò che è certo è che il Marocco farà sentire la sua voce all’interno dell’Organizzazione a favore della sua integrità territoriale, perseguendo la strategia “di attacco” che ha caratterizzato la sua politica sul Sahara Occidentale nell’ultimo decennio, politica avviata con la proposta del 2007 dell’“iniziativa di negoziazione di uno status d’autonomia per la regione del Sahara”. 

Idris Al-Kanburi è un ricercatore marocchino ed esperto di movimenti islamici.

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