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Cosa condividono cristiani e musulmani? Una riflessione natalizia

Zoom natale musulmani miniatura
Natività islamica – ca. 1720

Di William Dalrymple. Qantara.de (22/12/2013). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Al British Museum è custodito un manoscritto del XVI secolo il quale contiene un’illustrazione di quella che a prima vista è una tradizionale scena della Natività. Nel mezzo, c’è Maria con in braccio il Bambino Gesù e in primo piano ci sono i Re Magi, pronti a offrire i loro doni. Tuttavia, guardando più da vicino si nota quanto l’immagine sia inconsueta: i Magi sono vestiti da gesuiti mentre la Madonna è appoggiata ad un musnud, un trono indiano, ed è assistita da ancelle della dinastia Moghul.

Il Cristo bambino e sua madre sono seduti sotto un albero, in linea con la tradizione islamica che sostiene che Gesù non nacque in una stalla ma in un’oasi sotto una palma, i cui rami erano stati piegati in modo che Maria potesse coglierne i frutti durante il travaglio.

La miniatura di questo presepe è una delle tante commissionate dagli imperatori Moghul ed è anche un esempio nella storia delle relazioni islamo-cristiane che sfida la teoria dello scontro di civiltà di Huntington: sia Akbar (1542-1605) che suo figlio Jehangir (1569-1627) erano infatti ferventi devoti di Gesù e della Madonna, senza avvertire in questo la minima contraddizione con la fede musulmana o con l’autorità di uno dei più potenti imperi islamici.

Tuttavia, solo ora gli studiosi iniziano a rendersi conto del livello di devozione cristiana della dinastia Moghul. Tutto iniziò nel 1580, quando l’imperatore Akbar invitò alla sua corte nei pressi di Agra un gruppo di sacerdoti gesuiti portoghesi e permise loro di costituire una cappella nel suo palazzo.

Amante dei detti di Gesù, ne fece inserire uno anche nel monumento allingresso della moschea di Fatehpur Sikri, che recita: “Il mondo è un ponte: attraversalo, ma non costruirvi alcuna casa. Colui che spera per un’ora può sperare per l’eternità. Ma il mondo non dura che un’ora. Passala in preghiera, poiché il resto è invisibile”.

Questa frase è una delle tante presenti nella letteratura arabo-islamica che completano l’immagine profondamente riverenziale del Cristo nel Corano, dove è chiamato il Messia, il Messaggero, il Profeta, Parola e Spirito di Dio, sebbene la sua divinità non venga riconosciuta. Ci sono anche frequenti menzioni – per la precisione 34, in 13 sure diverse – di sua madre Maria, unico nome proprio femminile in tutto il Corano e modello per i fedeli musulmani.

Come nei Vangeli, il Gesù della tradizione musulmana è visto come un guaritore e taumaturgo, oltre che un modello di buona condotta, gentilezza e compassione. In primo luogo, però, è il santo patrono dell’ascetismo, colui che rinuncia al mondo, vive tra rovine abbandonate, si identifica con i poveri e sostiene le virtù della povertà, dell’umiltà e della pazienza. In questo suo ruolo, nel mondo islamico è considerato una sorta di maestro sufi: in grado di comprendere i misteri del cuore oltre la portata dell’intelletto umano.

In conclusione, le differenze tra cristianesimo e islam sono sicuramente presenti, non ultima l’elemento centrale della divinità di Gesù. Tuttavia, la miniatura della Natività al British Museum mostra come il Natale, in quanto celebrazione dell’umanità di Cristo, possa essere condiviso senza riserve da cristiani e musulmani. E mai come in questo momento di confronto tra Occidente e Oriente c’è bisogno di cogliere gli elementi in comune più che le diversità e – perché no – raccogliersi intorno al Cristo bambino a pregare per la pace.

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