News

Una polveriera jihadista in Africa Occidentale

Il Premier somalo Abdiweli Mohamed Ali ha dichiarato oggi a Roma, in occasione della riunione del Gruppo di Contatto sulla Somalia, che la pace nel paese è a portata di mano e che le milizie di Al-Shabab sono oramai allo sbando. Che gli Shabab somali siano allo sbando è un dato di fatto dopo le offensive militari degli ultimi mesi e le lotte intestine in seno alla stessa leadership del gruppo, ma mentre il capitolo della violenza militante a Mogadiscio è ottimisticamente, probabilmente anche troppo, considerato quasi chiuso, in Africa Occidentale la questione appare ben differente.

Dalla recrudescenza del conflitto in Nigeria, alimentato dalla violenza settaria contro i cristiani del Boko Haram, alle tensioni sempre più profonde nel Mali, dove ribelli tuareg e fazioni islamiste si contendono l’Azawad, l’Africa Occidentale sembra oramai una polveriera dove tracciare linee di demarcazione tra combattenti jihadisti è sempre più complesso.

Un tempo a fare da padrone nell’Africa sub-sahariana era al-Qaeda nel Maghreb Islamico, gruppo che aveva le sue radici in decenni di militanza in Algeria e che gradualmente si è convertito nell’affiliato, più di nome che di fatto, di al-Qaeda nel Nord Africa. Dallo scorso anno si sono tuttavia moltiplicate le sigle di organizzazioni che sostengono di combattere per instaurare Stati Islamici improntati al rispetto della Sharia, capeggiati dal Movimento per il Jihad e l’Unità in Africa Occidentale e Ansar al-Din, protagonisti della recente battaglia di Gao, Mali, dove i tuareg del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad sono stati in pratica scacciati.

La dinamica appare rilevante, poiché indica come tali gruppi stiano interessati ad evidenziare la propria caratterizzazione di entità prettamente radicate nel territorio per presentarsi alle popolazioni locali e alle possibili basi di sostegno, evitando di associarsi ad un nome in parte scomodo come al-Qaeda per il carattere internazionalista a questo associato. Sostenere che tali gruppi siano quindi associati ad al-Qaeda, come più volte si legge, è in parte inesatto, nonostante qualche forma di collaborazione in termini più che altro logistici esista. Questo non vuol dire che pur non condividendo integralmente determinati aspetti dell’ideologia qaedista, quella definita del “jihad globale”, tali gruppi non siano particolarmente radicalizzati o “estremisti”. La demolizione dei mausolei sciiti nella storica città di Timbuktù, nel Mali settentrionale, da parte di Ansar al-Din ne è del resto un’evidente dimostrazione.

Ludovico Carlino