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Un popolo, un esercito e la rivoluzione

Egyptian military helicopters trailing national flags circle over Cairo during anti-Morsi protestsOggi ci allontaniamo un po’ dal focus originario di questo blog. Parleremo comunque della società araba, della sua attualità, ma non della sua gioventù, o quantomeno non in modo diretto.

In seguito alle vicende che stanno interessando l’Egitto mi è capitato molte volte di essere interrogata da amici o conoscenti sul perché il popolo egiziano, reduce da una rivoluzione, si affidasse e appoggiasse in modo così forte ad un’istituzione che in tutte le rivoluzioni che hanno attraversato la storia contemporanea ha sempre portato avanti un ruolo quantomeno ambiguo.

Stefania Rodolfi è una giovane laureata all’Università Ca Foscari di Venezia, che ha studiato con attenzione il rapporto tra l’esercito e la popolazione egiziana.  Non vi era a mio parere modo migliore di rispondere a questa domanda.

Sia durante la rivoluzione del 25 Gennaio 2011 sia nelle rivolte che la scorsa settimana hanno portato alla caduta di Mohammed Morsi, il popolo egiziano ha chiesto a gran voce l’intervento dell’esercito per veder soddisfatte le proprie aspirazioni democratiche. Nonostante i decenni di dittatura e di repressione, le violenze avvenute durante le proteste rivoluzionarie e l’esperienza negativa dello Scaf, la società egiziana continua a riporre la propria speranza nelle mani dell’esercito. Su cosa si basa questo legame di fiducia? 

Parlare del ruolo dell’esercito non è semplice soprattutto per la scarsità di dati ufficiali reperibili. Leggi ad hoc e decreti presidenziali stendevano, e tuttora stendono, un velo di segretezza sulle attività delle forze armate. Nonostante la scarsa trasparenza l’esercito ha sempre goduto di sostegno e legittimità tra la popolazione per il ruolo svolto nella creazione della nazione egiziana moderna, in quanto garante della difesa e dell’indipendenza dell’Egitto e sicuro punto di riferimento a livello sociale. L’esercito infatti rappresentava e rappresenta un’ esperienza di passaggio obbligatorio per tutti gli uomini del paese ed è tuttora una delle poche istituzioni in cui un’ascesa sociale è ancora possibile per un giovane di estrazione modesta. Raggiungere il grado di ufficiale comporta inoltre una serie di privilegi, sia come effettivo durante l’incarico, sia come pensionato, poiché si entra a far parte di una casta protetta che godeva di una serie di benefici. Il legame di fiducia tra esercito e società civile in Egitto ha radici profonde e antiche.

Mideast Egypt La cosiddetta “Repubblica degli Ufficiali”, definizione di Yezid Sayigh, iniziò con la Rivoluzione degli Ufficiali Liberi nel 1952, in particolare dopo la conferma di Naṣer a Presidente della Repubblica nel 1956. Durante questo periodo l’esercito era visto come il principale fautore del cambiamento in atto nel Paese, come l’unica struttura in grado di garantire una riforma industriale e agricola che permettesse una maggiore uguaglianza sociale. I militari rivestivano ruoli fondamentali nel sistema governativo  nasseriano.  Da Sadat in poi si ebbe nel paese una tendenza alla depoliticizzazione dell’esercito. Tuttavia la “Repubblica degli Ufficiali” non scomparve mai definitivamente, ma si sviluppò in maniera completamente nuova diventando il pilastro del regime di Mubārak. Durante il trentennale governo di Mubārak L’esercito divenne invisibile in virtù della sua ubiquità, il suo coinvolgimento nella sfera civile divenne così pervasivo da essere considerato normale e naturale, non solo dalle persone esterne, ma dai suoi stessi membri.

Le forze armate nel corso del regime  Mubārak, pur non occupando posizioni centrali nel governo come durante la presidenza di  Nāṣer, erano di fatto garanti della sua stabilità e longevità.La forza principale dell’esercito non risiedeva nel suo intervento diretto nella vita politica del Paese, ma nella debolezza e apatia delle strutture politiche civili.

Sia che si sia trattato di un golpe militare, o di una rivoluzione popolare, l’intervento dell’esercito a seguito delle rivolte che hanno riempito Piazza Tahrir ha messo in luce per l’ennesima volta il ruolo portante delle potere militare all’interno della Repubblica. Le forze armate rappresentano una vera e propria industria che controlla gran parte dell’economia egiziana, industria che è riuscita a svilupparsi grazie alla tattica del governare senza essere al potere. Ci sapresti delineare con maggior precisione la portata dell’influenza delle forze armate all’interno dell’economia e della società egiziana?

All’apparente disimpegno a livello politico dei militari è corrisposto un maggiore coinvolgimento a livello ecnomico .L’importanza dell’esercito in questo ambito divenne sempre più preponderante nell’Egitto di Sādāt, anche se sarà durante la presidenza di  Mubārak che l’espansione economica militare raggiungerà il suo apice.

Cairo Tense For Anniversary Of Mubarak ResignationTuttavia stabilire la reale portata della presenza militare nell’economia egiziana non era  e non è possibile data la mancanza di stime precise coperte da segreto di stato.A partire dagli accordi di pace di Camp David del 1978 l’esercito cominciò a ricevere annualmente 1,3 miliardi di dollari dagli Stati Uniti e  venne coinvolto in un programma chiamato International Military Education and Training (IMET). Dal 1979 le forze armate iniziarono così ad investire consistentemente nell’industria e nei servizi senza dover rendere conto a nessuno del proprio bilancio.

Durante il regime di Mubarak il coinvolgimento dell’esercito nell’industria nazionale diventò maggiore rispetto alla decade precedente. Dopo il 1991, anno in cui venne siglato il Piano di Aggiustamento Strutturale tra Egitto e Fondo Monetario Internazionale, gli ufficiali superiori entrarono a far parte del sistema clientelare costruito da Mubārak: in cambio di un apparente disimpegno a livello politico era loro assicurata una ricompensa a livello economico. In tal modo i militari in pensione assunsero rilevanti incarichi in campo industriale, burocratico e amministrativo. Inoltre occuparono le più importanti posizioni amministrative in ambito locale agendo come un sistema parallelo rispetto a quello ufficiale e svolgendo un ruolo decisivo nel mantenimento del regime stesso.

Quali differenze vedi alla base della presa di posizione delle forze armate in occasione della rivoluzione del 25 Gennaio e dei fatti dello scorso 30 giugno? Cosa ha spinto l’esercito a intervenire in modo così celere contro una forza, quella dei Fratelli Musulmani, che non aveva mai messo in dubbio l’indipendenza e gli interessi delle forze armate?

Non saprei definire con precisione le differenze che stanno alla base delle presa di posizione delle forze armate. Quello che vedo sono le somiglianze: l’esercito in entrambi i casi è intervenuto quando ha visto il suo sistema in pericolo.

Nel gennaio 2011 quando il Consiglio Supremo delle Forze Armate si rese conto che il movimento della piazza era forte e compatto decise di intervenire in maniera diretta, assumendo il controllo del Paese, per preservare quel regime di cui lui stesso era l’ossatura. Eliminare Mubarak, infatti, rappresentava il passo più indolore e al contempo più eclatante per mantenere i propri privilegi e  quello stesso sistema che la piazza voleva distruggere.

393701-egypt-unrest-in-picturesLo scorso giugno si è ripetuta più o meno la stessa circostanza. Da settimane si susseguivano in diverse città egiziane scioperi e proteste contro il governo dei Fratelli Musulmani ritenuto incapace di migliorare la situazione economica e di perseguire gli obiettivi delle rivolte del 2011.  Ancora una volta il governo in carica era  incapace di gestire il malcontento popolare e l’esercito, minacciato nei suoi interessi, ha interrotto il rapporto che lo legava ai Fratelli Musulmani destituendo il Presidente Morsi e sospendendo la costituzione, entrata in vigore solo sei mesi prima.

Fin dal gennaio 2011 il legame che univa le due parti è sempre stato molto altalenante e caratterizzato da forti interessi di potere. L’esercito ha visto nei Fratelli Musulmani uno strumento per stabilizzare il Paese in virtù del vasto appoggio e impatto sociale di cui il movimento ha sempre goduto in Egitto, in particolare tra gli strati più deboli della società. I Fratelli dal canto loro hanno utilizzato l’esercito per accedere velocemente e facilmente al potere.

Quello che si prospetta per l’Egitto è un altro periodo di grande instabilità nel quale le forze armate giocheranno, ancora una volta, un ruolo fondamentale.

Dal 1952 le forze armate sembrano rappresentare il punto cardine della politica egiziana. Nonostante la rivoluzione, il potere dell’esercito non è mai stato veramente messo in discussione ne’ dalle forze governative della Fratellanza ne’ dall’opinione pubblica. Il rischio che incombe sul futuro egiziano è che permanga, e si rinsaldi, la “democrazia controllata” che da anni governa questo paese. Cosa pensi che dovrebbe cambiare, anche a livello costituzionale, per rimodellare a favore di una svolta realmente democratica delle rivolte, il ruolo dell’esercito all’interno della Repubblica egiziana?

Il rischio effettivo che incombe sul futuro dell’Egitto è proprio questo, che si prolunghi e si rinsaldi la “democrazia controllata”. L’esercito ha paura di perdere i suoi privilegi, ha paura che il suo sistema possa crollare e sta cercando di mantenerlo con tutti i suoi strumenti sia legali che non.

images E’ da anni che la società civile egiziana sta denunciando gli abusi delle forze armate. Molti movimenti per i diritti umani stanno lottando per un Egitto più democratico tra questi il movimento “No to military trials for civilians”, nato nel 2011 con lo scopo di fare luce sulle violenze perpetrate dai militari a partire dall’inizio delle proteste. In particolare il gruppo denuncia i numerosi e ripetuti processi militari a cui sono stati sottoposti migliaia di civili, più di 12000 solo da gennaio ad agosto 2011. Tali processi ledono i più elementari diritti della persona, gli imputati spesso non dispongono di una difesa, vengono processati in tribunali improvvisati nelle cucine delle carceri e, senza che alcun testimone sia interpellato, sono condannati a cinque, sei anni di reclusione senza che la famiglia ne sappia niente, se non a fatto compiuto.

Parlando della costituzione del 2012, ora sospesa, gli articoli che hanno fatto più discutere l’opinione pubblica negli ultimi sei, sono quelli riguardanti l’esercito, come l’articolo che prevede la creazione di un Consiglio di Difesa Nazionale formato per la maggior parte da militari con lo scopo di supervisionare il bilancio delle forze armate e di prendere decisioni relative alla difesa del paese o l’articolo che cede al Consiglio l’esclusività nella supervisione del budget militare.

La costituzione ad interim stipulata pochi giorni fa ha riconfermato alcuni dei punti sovraesposti e in particolare all’articolo 22 viene ribadita la prerogativa al Consiglio di Difesa Nazionale di supervisionare il budget militare. Probabilmente finché l’esercito non rinuncerà ai suoi privilegi sarà difficile un reale svolta democratica.