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La Tunisia al voto

La Tunisia è pronta per il voto. É il paese su cui i sostenitori delle rivolte della Primavera Araba ripongono le loro più forti speranze: il suo cammino verso la democrazia rappresenta l’eccezione tra i paesi che hanno vissuto le rivolte del 2011.

Dalle elezioni di domenica 26 Ottobre usciranno i nomi dei futuri 217 parlamentari che occuperanno i seggi dell’Assemblea Nazionale tunisina. Sono 5,3 milioni i tunisini iscritti alle liste elettorali, di loro 311mila sono residenti all’estero.

L’elezione del nuovo parlamento tunisino è un passo molto importante per il futuro democratico del Paese: la nuova costituzione redatta dopo le rivolte del 2011, oltre a togliere potere al Presidente della Repubblica a favore del parlamento, è un testo che rimanda molti aspetti decisionali alle leggi. Leggi che dovranno essere scritte e approvate dalla futura Assemblea.

Secondo gli ultimi sondaggi elettorali, saranno due le forze politiche protagoniste di queste elezioni. Da una parte Ennahda, il partito islamista che vinse le scorse elezioni parlamentari per poi dimettersi e lasciare il posto a un governo di tecnocrati. Dall’altra, Nidaa Tounes, un partito progressista che ha puntato molto sul rilancio economico del paese e sulla laicità dello stato. Il suo leader Beji Caid El-Sebsi, fu primo ministro nel periodo post-rivoluzionario.

Le questioni legate ai diritti, il rapporto tra Islam e politica, il ruolo delle donne nella società, tutti questi aspetti della vita democratica della Tunisia saranno argomento di discussione e di legislazione del nuovo Parlamento. Non sono però queste le problematiche che stanno a cuore ai tunisini. “La situazione di crisi economica e di forte disoccupazione che la Tunisia sta vivendo è molto pesante”, ci racconta Leila El Houssi Coordinatrice scientifica e docente del Master Mediterranean Studies dell’Università di Firenze,  “l’aspetto economico sarà quindi, un po’ una scommessa” e su questo i 13mila candidati si giocheranno il favore dell’elettorato.

Dalle rivolte del 2011 l’economia tunisina ha subito una forte crisi: il calo del turismo, l’aumento dell’inflazione, l’aumento dei prezzi, e un alto tasso di disoccupazione che colpisce in particolar modo i giovani (il 31,4 per cento dei giovani laureati non ha un lavoro) stanno  mettendo a dura prova la popolazione. L’ 88 per cento dei tunisini descrive la situazione economica del suo paese come grave, il 57 per cento come gravissima, secondo lo studio del centro di ricerche internazionale Pew Research Center. L’ottimismo la fa però da protagonista: il 56 per cento della popolazione confida in un miglioramento dell’economia già nel prossimo anno. Il loro voto sarà quindi consegnato nelle mani del gruppo politico che meglio sa interpretare questa voglia di cambiamento e di crescita.

L’instabilità economica non è l’unico ostacolo che le rivolte del gelsomino hanno lasciato in eredità alla Tunisia. Questi ultimi 4 anni sono stati, infatti, segnati da molti momenti di crisi sociale e politica. Dalle dimissioni del governo di Ennahda, all’omicidio dei leader politici d’opposizione Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, alla paura di una diffusione dell’estremismo islamico: il percorso verso la democrazia si è mostrato in tutta la sua complessità.

Questi eventi si ripercuoto sulla fiducia che il Paese ripone nel sistema democratico: se dopo le rivolte il 63 per cento dei tunisini riteneva che la democrazia fosse la migliore forma di governo possibile, la percentuale è molto diminuita in questi anni fino ad arrivare al 48 per cento (Pew Research Center). Di contrappasso, aumenta il numero delle persone che vedono nella figura di un forte leader una possibilità da valutare per uscire dalla crisi economica e politica.

Vi è quindi pericolo di un ritorno alla dittatura? Leila el Houssi lo esclude: “Alcune persone possono pensare che un leader più autorevole potrebbe aiutare lo sviluppo economico del Paese”, afferma, “ma non credo che tornerebbero indietro. Ormai siano usciti da quell’idea del leader autoritario e della dittatura, ci siamo liberati della paura”.