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Tunisia: la riconciliazione in sospeso

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Di Frida Dahmani. Jeune Afrique (05/05/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.

L’appello alla riconciliazione nazionale lanciato da Béji Caïd Essebsi il 20 marzo, in occasione della festa d’’Indipendenza, era atteso, ma allo stesso tempo ha suscitato delle remore tra coloro che temono che tale riconciliazione aggiri il processo di giustizia transizionale in corso, enunciato dall’art. 148 della Costituzione.

Dal momento della sua investitura, il 31 dicembre 2014, il presidente ha preso il controllo della situazione dichiarando che “la Tunisia ha bisogno di tutti i suoi figli” e che “non c’è futuro senza riconciliazione nazionale”. Ha, inoltre, insistito sull’importanza di quest’ultima, “affinché la giustizia transizionale non diventi una giustizia vendicativa. Si tratterebbe di un rancore che il Paese non può sopportare”. Un modo per dire che è tempo di chiudere questa fase che blocca l’amministrazione e le istituzioni pubbliche, scottate dalle purghe spettacolari effettuate nei ministeri dell’Interno e della Giustizia, rispettivamente da Farhat Rajhi (nel febbraio del 2011) e Noureddine Bhiri (nel maggio del 2011).

Dalla caduta di Ben Ali, l’esclusione dei vecchi alti dignitari non è mai stata effettiva. Tutti i progetti di legge che andavano in questa direzione sono morti. I risultati del Ministero consacrato alla giustizia transizionale nel 2012 non sono stati all’altezza delle aspettative. Allo stesso tempo, la Commissione Nazionale d’Inchiesta e la Commissione Nazionale di lotta contro la corruzione – incaricate subito dopo la rivoluzione di raccogliere elementi sugli abusi passati, che vanno dalla tortura fino alla corruzione, al fine di stabilire la verità e di riconoscere alle vittime i loro diritti – hanno fatto fiasco.

Ma l’iniziativa di Béji CaÏd Essebsi mira a prendere due piccioni con una fava: ristabilendo la fiducia ed evitando l’esclusione, rimetterebbe il paese a lavoro, rimpinguando allo stesso tempo le casse dello Stato. Il ministro della Giustizia, Mohamed Salah Ben Aïssa, assicura che il progetto mira principalmente ai casi di corruzione finanziaria ed economica, conformandosi alla legge organica n. 2013-53 del 24 dicembre del 2013 relativa all’istaurazione della giustizia transizionale. In pratica, secondo la procedura menzionata dal Ministro, gli uomini d’affari saranno chiamati a denunciarsi presso la Commissione Verità e Dignità (IDV), incaricato dell’arbitraggio e della conciliazione. Una transazione definitiva e vincolante potrebbe allora, con l’avvallo dello Stato, chiudere i dossier, a condizione che gli interessati non abbiano nascosto nulla.

Una legge di amnistia generale distinguerebbe tra le differenti categorie: membri del governo, responsabili di imprese pubbliche, banchieri, giornalisti e uomini d’affari. Il clan Ben Ali, così come i crimini di sangue e tortura non sarebbero comunque assolti. “ Coloro che verranno esclusi dalla legge d’amnistia, continuano a far riferimento alla giustizia transazionale,” assicura un ex ministro coperto dall’anonimato. La riconciliazione nazionale potrebbe quindi mettere tutti d’accordo, dal momento che, tra le altre cose, sdoganerebbe la troika, al potere tra la fine del 2011 e l’inizio del 2014, per il suo cattivo governo. Un’eventuale legge d’amnistia ha quindi tutte le chance per essere adottata, visto anche che Nidaa Tounes e Ennahda, che appoggiano il progetto di riconciliazione nazionale, hanno 155 deputati su 217.

“In che cosa consisterà una legge d’amnistia?” – domanda il giurista Ghazi Ghrairi. “Una modifica delle leggi esistenti o una legge di smembramento parziale del dispositivo dell’IDV? Il discorso su questa iniziativa non è preciso, ma sarà senza dubbio il rapporto delle forze politiche che costituirà l’elemento determinante.”

Frida Dahmani è un giornalista freelance tunisina.

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